mercredi 24 avril 2013

Su La Testa!: ARMENI: AMNESIA DI UN GENOCIDIO di Gianni Lannes

Su La Testa!: ARMENI: AMNESIA DI UN GENOCIDIO: di Gianni Lannes





di Gianni Lannes

Il XX secolo forse è stato il più doloroso per la storia dell’umanità, con guerre e conflitti che hanno provocato 250 milioni di vittime. Tra gli episodi più drammatici ci sono purtroppo da annoverare i tanti genocidi, non solo di zingari ed ebrei. Alcuni notissimi, altri rimossi dalla memoria collettiva, ricoperti da un oblio che vale come nuova offesa per tutte le vittime. Come il primo genocidio del secolo breve, quello compiuto dal governo ottomano a maggioranza turca contro il popolo armeno, dal 1915 al 1917. E prima ancora gli eccidi dell’agosto-settembre 1894. Quasi centomila armeni furono massacrati in un solo colpo, nell’agosto 1896 e nel 1909. Un terzo della popolazione armena di Turchia, è stato barbaramente trucidato, un altro terzo deportato e l’ultimo terzo ha potuto fuggire ed emigrare.

Lo sterminio - 1.500.001 armeni trucidati. L'ultima vittima in ordine cronologico è stata il giornalista armeno Hrant Dink, assassinato ad Istanbul il 19 gennaio 2007. Enclave cristiana tra popolazioni turcofone, gli Armeni furono vittima nel 1915 della pulizia etnica voluta dal partito dei Giovani Turchi, Ittihad ve Terakki (Unione e progresso). Il genocidio, il primo del Novecento, costò la vita a un milione e mezzo di Armeni. Furono 2 milioni e mezzo i deportati, 500 mila gli esuli sopravvissuti. «Lo Stato turco non ha accettato il fatto di avere compiuto un genocidio. Nega questo fatto - argomenta il dottor Zovikian -  Non solo. Ma hanno innalzato dei monumenti in memoria dei principali responsabili dello sterminio (ndr, i ministri Talat Pasha, Enver Pasha, Topal Osman, Sukru Kaya, Mustafa Abdulhalik Renda, Arif Fevzi, Asli Cnani Bey, Trustu Aras). Sarebbe come se la Germania di adesso innalzasse un monumento a Hitler. A Berlino ci fosse una piazza intitolata a Himmler. Ad Amburgo una via a Goering». Anche se il padre della patria turca, Mustafa Kemal ha condannato i massacri, definiti infami e chiedendo che i colpevoli fossero puniti, la repubblica è stata fondata sul genocidio e sull’amnesia collettiva organizzata. Solo nel 1987 l’Unione europea si è decisa a riconoscere lo sterminio commesso dai Turchi ai danni della minoranza armena. L’Italia e la Grecia, la Francia e il Vaticano lo hanno fatto formalmente soltanto qualche anno fa. Un passo importante anche se tardivo contro il colpevole oblio della storia umana, che rischia di trasformare le amnesie in amnistie.

In fuga - Gli Armeni sono numerosi in Grecia, Siria, Egitto, Bulgaria, Romania, Francia, Inghilterra, Due Americhe e India. Ma la loro persecuzione ha radici molto più remote, rintracciabili in Italia. Sull’isola veneta di San Lazzaro, infatti, c’è un convento che accolse una piccola colonia di profughi già nel diciottesimo secolo. Quella divenne una delle comunità più importanti, sia dal punto di vista economico che intellettuale. Come dimostrano i reperti ancora custoditi nel convento. Fuggivano dalla Morea invasa dai Turchi, i monaci armeni che nel 1717 approdarono a Venezia. Li guidava il nobile Mechitar, fondatore dell’Accademia che da lui prende nome. Mechita, così chiamato secondo il termine assunto in religione, che vuol dire “consolatore”. Era un giorno di nebbia quando i padri misero piedi sull’isoletta di San Lazzaro, concessa loro dal governo della Serenissima. Il fazzoletto di terra che aveva ospitato lebbrosi e appestati della repubblica veneta, divenne da allora la patria degli armeni in esilio, il punto di riferimento della cultura e dell’identità nazionale del popolo armeno. La comunità religiosa crebbe attorno al prezioso patrimonio che i monaci mechitaristi riuscirono a sottrarre alla furia dell’impero ottomano.

 Il Rifugio - Oggi il convento di San Lazzaro accoglie una biblioteca di 150 mila volumi, 4 mila preziosi manoscritti non solo armeni. L’ambiente è impreziosito da tele di pittori del ‘600 e del ‘700, il museo custodisce cimeli storici e reperti archeologici. Il pezzo più pregiato è una mummia del settimo secolo avanti Cristo, donata alla Congregazione nel 1825, da un diplomatico armeno in missione in Egitto. La pace e il silenzio di San Lazzaro incantarono Giorgio Byron. Nella stanza del poeta inglese, padre Vertanes, responsabile della biblioteca, espone il manoscritto più pregiato. «Risale al sesto secolo. E mostra che il popolo armeno già all’inizio della cultura cristiana aveva cominciato a trascrivere i testi biblici. E questo è un tetravangelo che è stato dedicato a una regina. La scrittura è una delle più antiche forme di espressione grafiche di lingua armena, inventata nel 404; le miniature lo stesso». Attualmente a San Lazzaro sotto la guida di un abate generale vivono 10 monaci, divisi tra attività culturali e uffici divini. «L’esistenza oggi del popolo armeno è un miracolo nonostante persecuzioni e genocidio - racconta Souren Zovikian, medico della comunità armena a Venezia - I nostri antenati avevano una forte volontà di creare per loro e per i loro figli un avvenire, pensando alla propria identità».