dimanche 21 mai 2023

🔴TheExposé: EcoHealth documents show the development of the covid virus/vaccine bioweapon and the plan to infect populations🔴Dott. Di Bella: DNA E mRNA

 (...)"it’s important to understand that “gain-of-function viruses” are lipid nanoparticle technologies programmed with mRNA codes. mRNA is not a biosynthetic substance itself. mRNA are software codes. SARS-CoV-2 is not a virus, it’s a software code programmed into nanoparticles.

The mRNA codes in the covid “vaccines” are part of the software programs for the spike-protein-lipid-nanoparticle technology. After the nanoparticles hijack human cells the nanoparticles are able to genetically modify the cells with the programmed mRNA codes to turn human cells into toxic spike protein-producing factories.

mRNA nanoparticles can induce permanent, foreign, genetic mutations into a species’ genome. In a March 2022 interview with Glenn Beck, Dr. Robert Malone explains how mRNA nanotechnology is an entry point to the suite of nanotechnologies for purposes of making bio-digital, or mechanical, and non-human biological changes to the human genome. The modification of humans through forced biological and mechanical genetic mutations is also known as transhumanism or directed evolution."(...)

https://expose-news.com/2023/05/21/ecohealth-documents-development-of-bioweapon/

https://metododibella.us11.list-manage.com/track/click?u=5deeb8776e365d27bdfa7fc42&id=9dfd0ffe6d&e=c597ff1796

IL  GENE Il  gene  è  l'unità  elementare  dell'informazione  genetica  e  corrisponde  al  segmento  di  DNA,  più  raramente  di RNA, in  grado  di produrre  una proteina  formata  da una catena di  amminoacidi. Dalle  cellule  più  piccole  agli  organismi  più  grandi,  ogni  singola  funzione  (respirazione,  digestione, movimento,  stimolo  nervoso  e  così  via)  e  ogni  singola  struttura  (scheletro,  muscoli,  organi,  pelle  e  capelli,  e altri) sono  dovute  a  una o  più  proteine. Il  gene  è  quindi  una  sequenza  di  nucleotidi  capace  di  produrre  la  catena  di  amminoacidi  che  costituisce  una proteina. L’ESPRESSIONE  GENICA con  il  termine  espressione  genica  si  intende  il  processo  attraverso  cui  l'informazione  contenuta  in  un  gene (costituita di  DNA)  viene  convertita  in una  macromolecola funzionale  (tipicamente  una proteina). L’EPIGENETICA L'epigenetica  (dal  greco  επί,  epì  =  "sopra"  e  γεννετικός,  gennetikòs  =  "relativo  all'eredità  familiare")  si riferisce  ai  cambiamenti  che  influenzano  il  fenotipo  senza  alterare  il  genotipo.  Infatti  è  la  branca  della genetica  che  studia  tutte  le  modificazioni  ereditabili  che  variano  l’espressione  genica  pur  non  alterando  la sequenza  del  DNA  (soprattutto  con  riferimento  ai fenomeni  ereditari a livello  cellulare,  meno  a  quelli  transgenerazionali,  dal  genitore  al  figlio).  Si  tratta,  quindi,  di  fenomeni  ereditari  in  cui  il  fenotipo  è  determinato non  tanto  dal  genotipo  ereditato  in  sé,  quanto  dalla  sovrapposizione  al  genotipo  stesso  di  "un'impronta" che  ne  influenza  il  comportamento  funzionale.  Un  segnale  epigenetico  è  un  cambiamento  ereditabile  che non  altera la  sequenza  nucleotidica  di  un  gene,  ma  la  sua  attività. Con  il  termine  fenotipo  (dal  greco  phainein,  che  significa  "apparire",  e  týpos,  che  significa  "impronta")  si intende  l'insieme  di  tutte  le  caratteristiche  osservabili  di  un  organismo  vivente,  quindi  la  sua  morfologia,  il suo  sviluppo,  le  sue  proprietà  biochimiche  e  fisiologiche  comprensive  del  comportamento.  Questo  termine viene  utilizzato  in  associazione  al  termine  genotipo,  dove  per  genotipo  si  intende  la  costituzione  genetica  di un  individuo  o  di un  organismo  vivente. L'assetto  genico  (genotipo)  determina  la  potenzialità  di  realizzazione  delle  caratteristiche  fenotipiche,  ma  il fenotipo  non  è  semplice  manifestazione  del  genotipo:  le  caratteristiche  fenotipicamente  osservabili  di  un organismo  sono  il  risultato  dell'interazione  tra  il  genotipo  e  l’ambiente.  L'espressione  genica  può  essere  influenzata  dall'interazione  tra  i  geni  e  i  loro  prodotti  (es:  gli  ormoni),  da  fattori  ambientali  (es: alimentazione,  inquinanti  chimici,  fisici,  ecc.)  e  da  eventi  che  possono  verificarsi  in  modo  casuale  durante  lo sviluppo.  In  sintesi,  è  possibile  definire  il  fenotipo  come  la  manifestazione  fisicamente  osservabile  del genotipo, che  dipende  dall’interazione  tra  espressione  genica, fattori  ambientali  e  casualità. Per  tale  ragione  è  importante  sottolineare  che  organismi  con  uno  stesso  genotipo  non  necessariamente presentano  uguale  fenotipo;  bisogna  infatti  considerare  l’influenza  dei  meccanismi  sottostanti  alle interazioni  ambientali,  oggetto  di  studio  dell'epigenetica.  Un  esempio  a  cui  fare  riferimento  è  il  caso  dei gemelli  omozigoti,  i  quali  hanno  genotipo  identico:  se  crescono  nello  stesso  ambiente,  sottoposti  agli  stessi stimoli,  tenderanno  ad  invecchiare  (in  senso  biologico)  in  modo  simile  e  avranno  fenotipo  simile  (dalle caratteristiche  fisiche  al  comportamento).  Quando  invece  questi  vengono  separati,  e  sottoposti  a  stimoli ambientali  diversi,  tenderanno  ad  invecchiare  in  modi  diversi  e  questa  diversità  sarà  riscontrabile  nelle caratteristiche  fenotipiche. LA  “COMUNICAZIONE”  CELLULARE La  nostra  mente  rappresenta  il  centro  delle  attività  psichiche  e  si  presenta  costituita  da  molteplici  piani  di manifestazione.  È  tuttavia  opportuno  precisare  che  la  mente  non  è  l'unico  luogo  di  manifestazione  psichica nel  nostro  corpo;  al  contrario,  bisogna  sottolineare  che  ogni  organo  che  possediamo  contiene  in  sé  un qualcosa paragonabile  alla  "mente  organica". Ogni gruppo  di cellule che  lo  costituisce,  infatti,  presieduto  da una  "mente  di  gruppo"  ed  ogni  cellula  singola,  a  sua  volta,  risulta  possedere  una  sua  specifica  "mente cellulare".   Ogni singola cellula svolge,  oltre  a  quelle del gruppo  cui appartiene, anche  funzioni ed azioni autonome. Tali microscopiche  "vite"  sono  vere  e  proprie  "menti"  che  hanno  acquistato  un  grado  di  sviluppo  adeguato  al lavoro  ad  esse  assegnato.  Come  è  facilmente  comprensibile,  però,  ognuna  di  esse  è  necessariamente subordinata sia al controllo  della  mente  istintiva centrale, sia a  quello  dell'intelletto  ed  obbedisce  agli ordini che vengono  emessi da questi due  centri  superiori  di  attività psichica.   Per  esemplificare  il  grado  di  intelligenza  che  ogni mente  cellulare  possiede  e  che permette  loro  di  svolgere  i compiti  richiesti,  basterà  ricordare  la  capacità  che  esse  presentano,  di  selezionare  dal  sangue  il  nutrimento necessario  e  di  espellere  tutto  ciò  che  diviene  loro  inutile.  Sia  la  mente  cellulare  individuale,  sia  quella  di gruppo  sono  attivamente  presenti  nei  processi  di  digestione  ed  assimilazione.  Così  come  chiariscono  e testimoniano  la  realtà  di  un'azione  mentale  quel  duro  lavoro  di  cura  delle  ferite  che  le  cellule  svolgono  e  il loro  incessante  correre  e  prodigarsi,  là  dove  è  necessaria  la  loro  opera.  Tutto  ciò,  d'altronde,  è  ben  noto  ai fisiologi.   L'intero  nostro  corpo,  dai  tessuti  molli  ai  muscoli,  dalle  parti  ossee  allo  smalto  dei  denti  è  costituito dall'insieme  di  queste  cellule,  tutte  di  varia  natura  e  struttura,  armonicamente  con  le  prestazioni  loro richieste.  Ogni  cellula  risulta  dunque  essere  una  entità  individuale,  separata  dalle  altre,  con  una  sua maggiore  o  minore  indipendenza,  seppure  sempre  soggetta  al  controllo  dell'organo  cui  appartiene  ed  a quello,  superiore,  della  mente  istintiva.  Possiamo  paragonare  le  cellule,  ognuna  delle  quali  compie  la speciale  attività ad  essa  affidata, ai soldati, perfettamente  istruiti,  di un  esercito. Il  meccanismo  principale  con  cui  le  cellule  comunicano  fra  di  loro  è  costituito  da  messaggeri  chimici (principalmente  strutture  proteiche  definite  “ormoni”)  rilasciati  da  cellule  secretorie  e  riconosciuti  e  legati da  appositi  recettori  espressi  sulla  membrana  plasmatica  delle  cellule  bersaglio.  Si  noti  che  una  cellula secretoria  può  essere  contemporaneamente  cellula  bersaglio  di  un'altra  cellula  secretoria  e  viceversa  (in questo  caso  si  dice  che  “secretoria”  e  “bersaglio”  sono  due  definizioni  funzionali,  poiché  dipendono  dalla funzione  che la  cellula  svolge  in  un  determinato  momento). I  “messaggeri”  possono  essere  dei  tipi  più  disparati,  da  ormoni  a  ioni,  da  peptidi  a  proteine  più  complesse, da singoli  amminoacidi a  fotoni. I  “geni”  sono  in  grado  di  produrre tutta  una  serie  di “messaggeri  chimici”  come,  ad  esempio,  amminoacidi e polipeptidi, che  daranno  poi  origine  alle  proteine. Abbiamo  raggiunto  un’altra  importante  meta  nel  processo  di  approfondimento  della  nostra  biologia  e dell’insorgenza  delle  malattie.  La  mappatura  del  genoma  realizzata  negli  ultimi  dieci  anni  ha  messo  in  luce la  quasi  totalità  dei  geni  umani,  molti  dei  quali  possono  portare  a  patologie,  rare  o  comuni.  Ma  un  gene  ha bisogno  di  essere  attivo  per  esercitare  il  suo  ruolo:  un  gene  inattivo,  o  «spento»,  non  ha  nessun  effetto. Occorre  quindi  sapere  quali  geni  sono  attivi  in  questo  o  quel  tessuto,  e  quando.  L’epigenetica  è  quindi  la materia  che  studia  l’accensione,  o  lo  spegnimento,  dei  geni,  il  ramo  della  genetica  che  studia  appunto  la regolazione  dell’attività  dei  geni. LE  CELLULE,  dunque,  COMUNICANO. Il  meccanismo  di  comunicazione  (segnalazione  cellulare  o  “signalling”)  può  essere  di 3  tipi,  così definiti:   ·         ·         ·         endocrino paracrino autocrino rispettivamente  a  seconda  che  il  bersaglio  della  cellula  si  trovi  a  una  certa  distanza  dalla  cellula  secretoria stessa  (o  che  sia  l'organismo  intero),  che  il  bersaglio  si  trovi  nelle  sue  immediate  vicinanze  (solitamente l'organo  in  cui  risiede  la  cellula  secretoria)  o  che  il  bersaglio  sia  la  stessa  cellula  che  secerne.  Vi  è  poi  una modalità  di  signalling  tra  cellule  adiacenti  in  cui  il  messaggero  non  viene  rilasciato  nell'ambiente extracellulare,  ma  è  legato  all'esterno  della  membrana  cellulare. 

Messaggero Con  il  termine,  generico,  di  messaggero  si  intende  una  molecola  capace  di  segnalare  un  evento  ad  una cellula  e,  in  essa,  generare  una  risposta.  I  messaggeri  possono  essere  piccole  molecole  o,  più  grandi, polipeptidi.         Trasduzione  del  segnale Il  messaggero  non  è  il  diretto  responsabile  della  risposta  cellulare.  Lo  stimolo,  infatti,  deve  essere  trasdotto da  un  appropriato  sistema  che  determina  l'effettiva  risposta  della  cellula  bersaglio,  attivando  una segnalazione  intracellulare.  Il  messaggero  può  essere  captato  da  un  recettore  di  membrana  che,  il  nome stesso  lo  suggerisce,  è  una  struttura  presente  sulla  membrana  cellullare  altamente  specifica  per  il messaggero  che,  per  questa  ragione,  prende  il  generico  nome  di  ligando.  Se  la  molecola  è  capace  di permeare  la  membrana,  ad  esempio  in  caso  di  un  ormone  liposolubile,  il  recettore  può  essere  presente all'interno  della  cellula, ad  esempio  sulla membrana del nucleo. I  principali  trasduttori  del  segnale  sono  rappresentati  da  tutti  i  sistemi  direttamente  legati  al  recettore.  In linea  generale  le  vie  di  segnalazione  intracellulare  si  risolvono  nel  legame  del  messaggero  al  recettore  che, a sua volta,  stimola un  secondo  elemento  che  può  essere  un  enzima, un  canale,  o  una proteina. Secondo  messaggero Il  secondo  messaggero  permette  di  operare  una  risposta  intracellulare,  allo  stimolo  percepito  dal  recettore. I secondi  messaggeri  più  conosciuti  soni  l'AMP  ciclico  (cAMP),  il  fosfatidilinositolo,  l'inositolo  e  il diacilglicerolo. ESITI  DELLA  SEGNALAZIONE  (comunicazione)  CELLULARE A  seguito  di  un  opportuno  segnale  cellulare,  se  correttamente  recepito  e  trasdotto,  la  cellula  può  andare incontro  ad  apoptosi, a  modulazione  del  metabolismo  o  a  proliferazione  cellulare  mediante  mitosi. Le  cellule  quindi  sono  in  grado  di  inviare  informazioni,  e  stimoli,  nei  propri  confronti,  nei  confronti  di cellule  del  medesimo  tessuto,  nonché  nei  confronti  di  altri  tessuti. L’INTELLIGENZA  DELLE  CELLULE La cellula:  mangia, respira,  riposa e  lavora incessantemente. La  cellula  comunica  con  il  suo  ambiente  esterno  attraverso  la  propria  membrana.  Dove  sono  inserite diverse  proteine  che  fungono  da "sensi"... La  cellula  scambia  costantemente  informazioni  con  l'ambiente  esterno,  decide  quali  sono  i  segnali  più  o meno  pertinenti. In  poche parole  le  cellule  modificano  se  stesse  in  base  all'ambiente esterno. Senza  entrare  nello  specifico,  ogni  cellula  è  poi  in  grado,  secondo  il  livello  di  emergenza  e  di  necessità,  di crearsi un  nuovo  centro  di  memoria  esperienziale  e  comunicazionale. 

LA  CAPACITA’  DI  REAGIRE  ALL’AMBIENTE  E  DI  TRASMETTERE  LE  ESPERIENZE  ELABORATE  ATTRAVERSO  LA CREAZIONE  DI  UNA  “MEMORIA” TRASMISSIBILE  ALLE  GENERAZIONI  SUCCESSIVE. Sempre  più  ricerche  suggeriscono  che  i  fattori  ambientali  siano  in  grado  di  apportare  modifiche all’espressione  genica,  le  quali  vengono  trasmesse  dai  genitori  ai  figli.  L’epigenetica  continua  così  a  essere un  tema  di  grande  interesse:  le  modifiche  epigenetiche  non  agiscono  infatti  sulla  sequenza  del  DNA,  ma cambiano  il  modo  in cui  questo  è  impacchettato  e  i  geni  vengono  espressi.   Le  “allergie”  sono  un  chiaro  esempio  di  modificazione  dell’espressione  genica  (1),  causata  da  fattori ambientali. E’  stato  recentemente  pubblicato  su  Nature  il  nuovo  studio  dell'Imperial  College  London  che  ha  coinvolto  per  10  anni  ricercatori  di Regno  Unito,  US,  Canada  e  Svezia,  che  hanno  studiato  i  geni  coinvolti  nel  sistema  immunitario  dal  punto  di  vista  dei  cambiamenti epigenetici.  Ricordiamo  che  l'epigenetica  studia  i  cambiamenti  nell'espressione,  l'attività  dei  geni,  che  avvengono  senza  che  il codice  genetico  in  sé  venga modificato. In  questo  modo  i  ricercatori  hanno  individuato  dei  geni  che  regolano  un  particolare  anticorpo  coinvolto  nella  risposta  allergica, l'immunoglobina E  (IgE),  della quale,  fino  ad  ora, non  erano  stati  identificati  geni  che  ne  regolano  l'attività. Questo  studio  ha  ricercato  nuovi  obiettivi  terapeutici  utilizzando  l'approccio  epigenetico.  I  geni  possono  essere  inattivati attaccando  molecole  di  metile  al  DNA,  un  processo  chiamato  metilazione. I  ricercatori  hanno  analizzato  i  globuli  bianchi  di  famiglie  UK  con  asmatici  per  vedere  se  i  livelli  di  metilazione  in  determinate  parti del  genoma  erano  correlate  i  livelli  di  immunoglobina  E  (IgE)  nel  sangue.  A  conferma dei  risultati  sono  stati  testati  ulteriori  volontari con  livelli  alti  e  con  livelli  bassi  di  IgE  del  Galles  ed  altre  famiglie  asmatiche  nel  Quebec. Ne sono  emerse  importanti  associazioni  tra IgE  e  bassa metilazione  in  36 punti  in  34  geni.  Nelle  persone  con  asma  questi  geni  erano iperattivi  facendo  produrre  più  IgE  che  contribuisce  ai sintomi dell'asma. Alcuni  dei  geni  correlati  con  l'IgE  erano  noti  per  codificare  proteine  prodotte  dagli  eosinofili,  un  tipo  di  globuli  bianchi  che promuove  infiammazione  nelle  vie  aeree  degli  asmatici.  I  ricercatori  ritengono  che  questi  geni  possano  attivare  eosinofili  creando più  danni.  Per  verificare  questa  ipotesi  gli  studiosi  hanno  isolato  eosinofili  da  24  soggetti  mostrando  che  tutti  i  34  geni  sono  molto attivi negli  asmatici  con  alti  livelli  di  IgE. Un  nuovo  studio  (2),  pubblicato  dagli  scienziati  della  UC  Santa  Cruz  sulla  rivista  Science,  ha  mostrato  come la  memoria  epigenetica  possa  essere  trasmessa  attraverso  le  generazioni,  e  di  cellula  in  cellula,  durante  lo sviluppo. Gli  scienziati,  guidati  da  Susan  Strome,  si  sono  concentrati  su  una  modificazione  epigenetica  già  studiata  in  passato,  la  metilazione di  un  particolare  aminoacido,  lisina  27,  nell’istone  H3  (una  proteina).  Tale  metilazione  è  stata  trovata  in  tutti  gli  animali multicellulari,  dagli  esseri  umani  all’ascaride  della  specie  Caenorhabditis  elegans  (utilizzato  come  organismo  modello  in quest’ultima ricerca),  ed  è  nota in  quanto  spegne  o  reprime  l’attività dei  geni. “Se  la  metilazione  potesse  essere  trasmessa  o  meno  attraverso  la  divisione  cellulare  -e  le  varie  generazioni-  è  stato  al  centro  di  un enorme  dibattito.  E  ora  noi  abbiamo  mostrato  che  la  risposta  è  sì”,  spiega  Strome.  Nel  suo  laboratorio  sono  stati  creati  dei  vermi con  una  mutazione  genetica,  la  quale  disattiva  l’enzima  responsabile  del  marchio  [epigenetico]  della  metilazione.  Tali  vermi  sono poi  stati  fatti  riprodurre  con  vermi  normali,  per  poter  indagare  se  e  come  il  marchio  si  sarebbe  ripresentato  nella  generazione successiva.  Nel  caso  di  ovuli  mutati  fertilizzati  da  normali  spermatozoi,  il  numero  di  cromosomi  metilati  nell’embrione  era  sei, mentre  altri  sei  non  erano  marcati,  erano  “nudi”. Mentre  l’embrione  si  sviluppa,  le  cellule  replicano  i  cromosomi  e  si  dividono;  i  ricercatori  hanno  scoperto  che  quando  è  un cromosoma  marcato  a  replicarsi,  i  due  cromatidi  fratelli  sono  entrambi  marcati  anch’essi.  In  assenza  dell’enzima  (necessario  per  la metilazione  dell’istone),  il  marcatore  epigenetico  viene  progressivamente  “diluito”  a  ogni  divisione  cellulare.  Riesce  infatti  a rimanere  presente  sui  cromosomi  derivati  da  quello  iniziale,  ma  non  ce  n’è  abbastanza  per  mantenere  una  presenza  costante  nei cromatidi  fratelli. Di  divisione  in  divisione  sarà dunque  sempre  meno  evidente. Il  team  di  Strome  ha  dunque  continuato  nell’esperimento  fertilizzando  le  cellule  uovo  normali  con  spermatozoi  mutati;  l’enzima responsabile  della  metilazione  (PRC2)  è  stato  trovato  nelle  cellule  uovo,  ma  non  negli  spermatozoi,  con  la  conseguenza  che  gli embrioni  avevano  anche  in  questo  caso  sei  cromosomi  nudi  e  sei  marcati.  Ma  stavolta  avevano  anche  l’enzima  intatto.  “Quando  abbiamo  osservato  i  cromosomi  durante  le  divisioni  cellulari,  quelli  marcati  rimanevano  tali  e  perfettamente  visibili,  in  quanto l’enzima  continuava  a  ripristinare  la  marcatura.  Quelli  ‘nudi’  rimanevano  invece  sempre  ‘nudi’,  divisione  dopo  divisione”,  spiega Strome. “Questo  mostra che  le  marcature  ereditate  vengono  trasmesse  nel  corso  di  svariate  divisioni  cellulari”. La  questione  riguardante  l’ereditabilità  dei  marchi  epigenetici  non  è  tuttavia  risolta,  anzi.  Come  sottolineano  gli  scienziati,  esistono decine  di  potenziali  marcatori  epigenetici,  e  comprendere  i  meccanismi molecolari  che  ne  regolano  la trasmissione  è  estremamente complesso.  “Per  ora  abbiamo  un  esempio  specifico  di  memoria  epigenetica  che  viene  trasmessa,  e  la  possiamo  osservare  al microscopio. È  un  primo  tassello  del  puzzle”,  commenta Strome. Di  conseguenza,  in  un  organismo,  quindi  in  una  struttura  pluricellulare,  si  giunge  al  concetto  di  Sintropia. Questo  concetto  è  vitale  per  tutti  gli  organismi,  in  quanto  consiste  nel  saper  comunicare  simultaneamente a  tutte  le  altre  cellule  appartenenti  a  tutti  i  tessuti  che  compongono  quell'organismo,  l'esperienza  di  una singola cellula, come  se  tutti i  miliardi di  cellule che  possono  comporre un  organismo  evoluto  avessero  fatto la medesima esperienza. Il  termine  epigenetica  è  stato  coniato  da  Waddington  e  descrive  il  meccanismo  che  è  “sopra”  il  livello  della codifica  genica  delle  sequenze  di  DNA  che  controllano  la  lettura  del  DNA.  L’Epigenetica  è  quindi  una branca  della  biologia  molecolare  che  studia  le  mutazioni  genetiche  e  la  trasmissione  di  caratteri  ereditari non attribuibili  direttamente alla sequenza del  DNA. Questi  processi  sono  definiti  meccanismi  epigenetici,  ovvero  caratteristiche  che  vengono  trasmesse  alla progenie  ma  non  dipendono  dalla  sequenza  genomica.  Nel  sistema  nervoso  dove  prevalentemente  si  hanno cellule  differenziate  e  non  più  in  divisione,  i  meccanismi  epigenetici  giocano  un  ruolo  fondamentale  nella regolazione dell’espressione genica  in risposta  a segnali  ambientali,  sostanze d’abuso e  all’esperienza. L’esistenza  di  una   “MEMORIA  ANCESTRALE”  delle  cellule, potrebbe  spiegare  i  processi  evolutivi  del CANCRO? Abbiamo  analizzato  i  concetti di  intelligenza,  comunicazione  e  memoria  a  livello  cellulare. Ora, perché  non  ipotizzare  anche  quello  di    “coscienza”?    La  cellula  è  consapevole  della propria  identità? Chi sono?  Da dove  provengo? I  fondamenti  della  moderna  biologia  dei  tumori  si  basano  su  un  semplice  principio:  il  cancro  è  il  risultato  di una  proliferazione  incontrollata  delle  cellule  nel  corpo  umano.  Questa  proliferazione  incontrollata  si  origina da  un  accumulo  di  diverse  mutazioni  genetiche.  Queste  mutazioni,  possono  essere  dovute  a  svariati  fattori: virus,  fattori  genetici,  stile  di  vita  e  fattori  ambientali.  Tali  fattori  portano  ad  uno  stress  a  livello  cellulare che  si  traduce  in  un  ”errore”,  in  una  mutazione.  Di  solito  questi  ”errori”  vengono  corretti  oppure  eliminati mediante  apoptosi.  Ma  quando  l’errore  (o  i  molteplici  errori)  non  riescono  ad  essere  corretti,  ed  anche  i corretti  processi  di  apoptosi  vengono  alterati,  la  cellula  mutata sopravvive,  e  si moltiplica,  e  in  tale processo possono  insorgere  un  ulteriore  numero  No  di  mutazioni che porta lo  svilupparsi  del cancro. Le  cellule  cancerogene,  è  bene  ricordarlo,  sviluppano,  per  loro  natura,  alcune  caratteristiche  peculiari come:     la resistenza al  meccanismo  di apoptosi (suicidio  programmato  della  cellula),     la riproduzione  per  divisione  in  maniera incontrollata  (proliferazione)     la soppressione  dell’inibizione  da contatto,   il  progressivo  sviluppo  di  mutazioni  successive  che  porta  alla  perdita  definitiva  dei  caratteri differenziativi     la creazione  di una rete  sanguigna di  supporto  (angiogenesi)   la successiva  “migrazione”  verso  altri  distretti corporei (metastasi) l'intero  processo  non  è  certo  "casuale",  né  afinalistico,  in  quanto  mostra  un'estrema  efficienza  e  un  utilizzo strategico  delle  informazioni  (conoscenze)  finalizzato  all'integrità  e  alla  difesa  dell'intero  organismo neocostituito. E’  inoltre  un  processo  che si sviluppa per  “tappe”. Le  cellule  tumorali  acquisiscono  con  gradualità  e  progressione,  crescenti  proprietà  e  caratteristiche,  ed «imparano»  a  svolgere  tutta  una  serie  di  attività.  Il  processo  di  “progressione”  del  tumore  segue fondamentalmente  lo  stesso  tracciato,  per  tutte  le  tipologie  neoplastiche:  acquisiscono  sempre  maggiori motilità  e  formabilità  per  meglio  raggiungere  i  capillari  e  aumentare  il  proprio  potenziale  di  metastasi, sanno  inoltre  acquistare  capacità  di  sopravvivenza  e  di  proliferazione  in  parenchimi  anche  diversi,  e ricoprirsi  di  molecole  che  le  mascherano  al  sistema  immunitario.  Successivamente  sono  in  grado  di secernere  delle  proteasi  (enzimi  che  scindono  le  proteine)  che,  lisando  le  membrane,  permettono  una invasione  per  contiguità,  oltre  a indurre  angiogenesi e  immunodepressione  locale  e  sistemica. Non può  quindi essere  gestito  dal  caso.  Il processo  è  troppo  coordinato. Ed è  sistematico  ! Le cellule  STAMINALI  del  Cancro  (risultato  della  metamorfosi?) Le  cellule  tumorali  riacquistano  le  caratteristiche  “originarie”.  Ripercorrono,  inversamente,  il  percorso  che aveva  dato  origine  ai  tessuti  fisiologici!  (3).  Cercano  di  sfuggire  da  un  ambiente  divenuto  per  loro insostenibile?  Da  una  situazione  contingente  in  cui  la  loro  vita  è  divenuta  fisiologicamente  insostenibile?  E lo  fanno  in quanto  unica  possibilità per salvarsi? La  loro  natura  cerca  quindi  di  abbandonare  ogni  differenziazione  a  favore  delle  qualità  e  potenzialità originarie  (4). Non  di  rado  perdono  la  capacità  di  respirare,  o  di  ossidarsi,  e  tornano  alla  primitiva,  perché  meno  efficace, fermentazione. Cercano  di  tornare  verso  lo  stato  iniziale  (embrionale)  trasformandosi  in  tumorali  staminali,  cercano  di tornare  a quando  erano  onnipotenti,  e  tutte  le  possibilità  dell’esistenza di  una cellula erano  aperte.   In  questo  modo,  per  disseminazione  o  metastasi,  possono  spostarsi  pressoché  dappertutto  nel  corpo,  e possono  farlo  perché  sono  autarchiche,  autosufficienti,  bastano  a  se  stesse  al  punto  da  non  avere  più bisogno  delle  altre  cellule.  Questo  è  importante  per  loro,  perché  ogni  sistema  di  comunicazione  con l’ambiente  circostante  assalito  viene  meno. Le  cellule esprimono  qui le  due  domande  fondamentali che ogni essere  umano  dovrebbe  porsi, prima o  poi, e  che  ora,  sotto  la  minaccia  mortale  del cancro,  acquistano  particolare  urgenza: Da dove  vengo?   E  dove  vado? Le  cellule  tumorali  mostrano  la  strada,  perché,  nel  tentativo  di  riacquistare  quasi  tutte  le  potenzialità  che avevano  all’inizio,  di  diventare  autosufficienti  all’estremo,  cercano  di  riconquistare  una  condizione  in  cui tutto il  mondo  (il  corpo),  e  il  futuro  (la  loro  potenzialità)  potrebbero  essere  aperti  davanti a  loro.   Senonché  questo  processo  evolutivo  “inverso”,  forzatamente  e  diabolicamente  innaturale  e  non  previsto,  e pertanto  imperfetto,  non  è  in  grado  di  portare  ad  alcuno  sbocco,  ad  alcuna  potenzialità  di  vita  successiva, ma  solo, e  inevitabilmente,  alla  morte. 

BIBLIOGRAFIA 1.  An  epigenome-wide  association  study  of  total  serum  immunoglobulin  E  concentration.  Liming Liang,    Saffron  A.  G.  Willis-Owen,  Catherine  Laprise,  Kenny  C.  C.  Wong,  Gwyneth  A.  Davies,  Thomas J.  Hudson,  Aristea  Binia,  Julian  M.  Hopkin,  Ivana  V.  Yang,  Elin  Grundberg,  Stephan  Busche,  Marie Hudson,  Lars  Rönnblom,  Tomi  M.  Pastinen,  David  A.  Schwartz,  G.  Mark  Lathrop,  Miriam  F.  Moffatt &  William  O.  C. M.  Cookson. Nature    520,  670–674  (30  April  2015) 2.  Gene  repression.  H3K27me  and  PRC2  transmit  a  memory  of  repression  across  generations  and during  development.  Gaydos  LJ, Wang  W,  Strome  S.  Science.  2014  Sep  19;345(6203):1515-8. 3.  SOS  repair  hypothesis:  phenomenology  of  an  inducible  DNA  repair  which  is  accompanied  by mutagenesis.  Radman  M.  Basic Life  Sci.  1975;5A:355-67. 4.  Tumour  Progression:  random  mutations  or  an  integrated  survival  response  to  cellular  stress conserved  from  unicellular  organisms?  Israel L.,  J  Theor.  Biol.  1996  Feb  21;  178(4):  375–80.)