samedi 10 août 2013

Su La Testa!: PUGLIA: UNA CAMERA A GAS. GRAZIE VENDOLA!

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Su La Testa!: PUGLIA: UNA CAMERA A GAS. GRAZIE VENDOLA!:

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di Gianni Lannes

La storica Daunia muore in silenzio e con rassegnazione dolente. In questo antico territorio nel nord della Puglia, sono già in funzione due centrali turbogas (a Candela e a San Severo) che rubano alla collettività autoctona il gas dal sottosuolo ed inquinano l’aria. 

Poi c’è l’inceneritore di rifiuti della Marcegaglia: una fabbrica di morte che l’ecologista Vendola avrebbe potuto arrestare legalmente, ma invece. Un impianto deleterio per la vita e l’economia agricola unitamente a quella pastorale, realizzato addirittura con denaro pubblico (contratto d’area di Manfredonia, in ragione della chiusura dell’Enichem a tutt’oggi non bonificata: suolo, sottosuolo e mare gravemente inquinati dall'industria di Stato). 

Altri inceneritori di rifiuti di società del Nord, truccati alla stregua di cavalli di troia, a Borgo Eridania (società Enterra di Bergamo del gruppo immobiliare Stilo) e a Sant'Agata di Puglia (Tozzi), già imbottiti di pale eoliche. 

In un’area densamente popolata e coltivata, i padrini per conto terzi dellaRegione Puglia hanno dato il via libera ad altri progetti mortali alla vita ed alla salute pubblica, in violazione delle normative sanitarie ed ambientali, nonché della Convenzione europea di Aarhus. 

L’ultimo arrivato è l’inceneritore della Caviro di Faenza nell’agro di Carapelle (progetto già tecnicamenbte bocciato ed incredibilmente in dirittura d'arrivo, ad un soffio dalle morenti Orta Nova e Foggia, quasi appiccicato alla fabbrica di morte del clan Marcegaglia.
Per aggiunta al record di inciviltà ed illegalità delle istituzioni regionali, provinciali e locali, il risultato è un’immensa camera della morte a cielo aperto, su cui incombono anche le scie chimiche militari.

Più di tutto non si comprende come saranno prodotte le famigerate ecoballe, poiché nonostante gli sforzi della popolazione civile per separare i rifiuti solidi urbani, la stragrande maggioranza dell’immondizia finisce in discarica, in particolare a Foggia e a Cerignola nell’impianto gestito dalla Sia.

Discariche ed inceneritori producono intorno a loro un aumento esponenziale di tumori e deficit immunitari, soprattutto nei bambini. Le microparticelle non rilevate dagli attuali sistemi standard di controllo ammorbano l’aria e intossicano la vita. Si ammalano pure le piante. Infatti sia le discariche che gli inceneritori sono collocati in mezzo ad aree agricole, a contatto diretto con i frutti della terra e con uno stabilimento della Barilla (in località Incoronata) che produce pasta alimentare.

Mega strutture che dispensano morte e malattie, addirittura spacciate dalla giunta dell’ecologista Nichi Vendola per “opere pubbliche”. E non mancano sedicenti associazioni ambientaliste e comitati locali narti dal nulla, veicolati da personaggi inconcludenti, che manipolano a piacimento e addormentano le proteste civili. 

Tutto tace, nessuno osa fiatare: la mafia si annida dentro ai palazzi del potere istituzionale.

La prepotenza non paga. E’ tempo di opporsi seriamente agli attentati contro l’incolumità pubblica. E’ la legittima difesa di un popolo aggredito.

Post scriptum 

Apricena: casolare trasformato in prigione per braccianti romeni. Tre caporali arrestati dai carabinieri

Una masseria abbandonata trasformata in un campo di prigionia per nove romeni che lavoravano come braccianti agricoli nelle campagne della provincia di Foggia. L’hanno scoperta i carabinieri dopo la denuncia dei nove schiavi. Le nove vittime, connazionali degli arrestati, erano giunte in Capitanata con la promessa di una lavoro ben retribuito. Una volta ad Apricena, invece, i tre hanno di fatto sequestrato i connazionali, togliendogli anche i passaporti. I braccianti venivano impiegati in una nota azienda che produce pomodori ed altro: la posizione del titolare è al vaglio degli inquirenti. I braccianti venivano costantemente controllati e la sera venivano chiusi, con un lucchetto, all’interno di un vecchio casolare abbandonato senza alcun servizio igienico, senza acqua e corrente elettrica. I nove erano stati anche minacciati: se avessero provato a scappare i tre non avrebbero avuto alcuna remora “a sparargli addosso”. Dopo tre giorni di duro lavoro e di stenti e privazioni, i nove, sfondando una porta secondaria del casolare sono riusciti a scappare e dopo aver vagato tra le campagne hanno raggiunto Apricena e la caserma dei carabinieri dove hanno raccontato la loro triste e disperata esperienza. Nell'indifferenza generale il fenomeno schiavistico è in aumento, nonostante i proclami del governatore Vendola!