dimanche 30 juin 2019

Maurizio Blondet: Capiscono magistrati e progressisti ciò che stanno suscitando?

https://www.maurizioblondet.it/capiscono-magistrati-e-progressisti-cio-che-stanno-suscitando/
Il silenzio dei media su #Bibbiano, pur sapendo benissimo che il Paese non parla d’altro, fa capire a TUTTA ITALIA a che livelli di potere siano quelli che trafficano i bambini”.
Si  intuisce  un senso di offesa  profondissima nella gente, aggravato dalla revulsione di fronte all’appoggio  dei poteri forti  interni ed esteri  alle violazioni della Sea Watch, vissuto come una sceneggiata per nascidnere iu fatti  dell’Emilia, e  un’offesa di troppo –  che supera l’indignazione per l’offesa a  bambini e a famiglie indifese,   più  fondamentale  della rassegnata esasperazione per la quotidiana malagiustizia, e  più grave e irrimediabile   persino della coscienza  di essere in una gabbia di potere perverso e impunito. Qualcosa di più elementare  è stato offeso nel cuore della gente  che capisce.
Come dirlo? Un amico, dopo la Messa, commentando l’orrore di Bibbiano, mi dice: “Non oso dirlo, ma se fosse successo a me, che mi portano via la   bambina i giudici da  affido, io  cederei alla tentazione di farmi giustizia”.
Lo dice  con esitazione “da cattolico” che è stato condizionato a guardare come non cristiane  queste pulsioni.  Come siamo cambiati noi cattolici.  L’uccisone del tiranno  è stata considerata non lecita, ma doverosa.
Un padre a cui un sistema di giudici ingiusti e cointeressati direttamente a godere  dei benefici di questa ingiustizia, porti via la figlia, non ha il diritto di ucciderli. Ha il dovere di farlo,   quando  tra la sua bambina e i malvagi che gliela  portano via  con tutti i crismi della legge, non c’è che lui.
Il protettore di ultima istanza dei suoi figli, è il Pater Familias.
Tutto il compito della civiltà, della cultura giuridica e politica,  e la giustificazione dello Stato,  è di ridurre l’uso della  violenza ad ultima ratio.
Si ripete che lo Stato ha il monopolio  della violenza – luogo comune  –   senza tener  conto  che lo Stato usa questa violenza per delega. I patres familias da secoli hanno  lasciato la punizione dei delitti e  la difesa della terra allo Stato; ciò in nome della tranquillità nell’ordine.   Ma  quando lo  Stato tralascia così gravemente  il suo dovere penale, al punto che sono i suoi giudici a colpire l’innocente e a graziare il colpevole,   torna la violenza come prima ratio.  Il riprendere “nelle proprie mani”  la punizione del male  fatto ai propri figli  riemerge  nel pater familias come una imperiosa legittimità.
Legittimità.  Un padre, anche “cattolico”, non dovrebbe vergognarsi di avere  l’impulso di farsi giustizia contro l’ingiusto violatore dei suoi bambini; dovrebbe  invece vergognarsi del contrario, di non averlo fatto.  La viltà, la mancanza di coraggio,  la convenienza di non correre rischi,  la mancanza di abitudine e l’assenza di  armi, hanno buon guioco a scusare ciascuno di noi.
Ma non bisogna cadere nell’equivoco, anche recentemente agitato da chiacchiere dellapolitica , di parlare di  “diritto”  alla legittima difesa. Non esiste un “diritto di uccidere”; esiste, in precise circostanze, il dovere di uccidere.  Come l’agente che spara al rapinatore  che sta per amamzzare  una terza persona, o il privato che spara per difendere se stesso,, o moglie e figli e terzi, da un omicida. E’ un dovere, uno stretto obbligo di giustizia.
“Che poi questo dovere sia poco praticato, non meraviglia e conferma quanto detto:  perché è certo più frequente che si rinunci all’osservanza di un dovere che all’esercizio di  un diritto”, ha scritto con acuto humour Vittorio Mathieu.
Umorismo in un tema di gravità tremenda,  l’obbligo della legge penale. Quello che i nostri procuratori e politici  a loro comodo  dimenticano, è che  “la legge penale non è fatta per difendere lo Stato, ma viceversa: lo Stato è fatto  per difendere la legge penale”.  La validità assoluta della legge penale, la sua superiorità-anteriorità allo Stato,  è dimostrata dal fatto che anche la delinquenza organizzata ha il suo diritto penale, ed  è basato sugli stessi principi ,  e che applica infallibilmente  –  per mezzo della pena  di morte –  contro chi al suo interno “sgarra” alle regole: di lealtà  verso il gruppo, fedeltà, onestà.
“Non c’è dubbio che  se affidassimo la repressione dei reati ad un boss della malavita,  con un curriculum che lo renda degno di un compito così importante.  , otterremmo una società dai principii rigidi, borghesi, in cui la libertà di ciascuno è tutelata dalle indebite interferenze altrui con i mezzi più  severi”,  ironizzva Mathieu nel suo saggio Perché Punire (Milano 197)  –
Le  attuali rivelazioni sulla magistratura e la sua corruzione, e  sullo scandalo degli affidi a  lesbiche a 200-400 euro al giorno, ci ha fatti giungere alla convinzione che  se avessimo affidato la giustizia all’indimenticabile don Tano Badalamenti, uomo di comando e  di parola,  egli l’avrebbe fatta in modo esemplare.  Da Pater Familias.
In questo senso uno sul web  dice : “E’ un paese spaventoso”. Un tradimento così profondo del patto sociale,  condurrà ad esiti durissimi. Temo, al sangue."