jeudi 27 août 2020

Cina: Il drago e il topo: il ministro cinese degli Esteri incontra il proprio omologo italiano tra le proteste

Il drago e il topo: il ministro cinese degli Esteri incontra il proprio omologo italiano tra le proteste: (..) Di Maio firmò un «Memorandum di intesa» che ha sancito l’ingresso dell’Italia nella «Belt and Road Initiative». Per molti il Memorandum è stato un atto di sottomissione politica e culturale alla Cina (..) - È vero, nella conferenza stampa seguita all’incontro Di Maio ha infatti affermato che «[…] l’appartenenza» dell’Italia «all’Unione europea [UE] e alla Nato è più solida che mai»: ma ha pure sottolineato che «la Cina è uno dei partner economici più strategici per l’Italia». Ora, le due affermazioni sono così ovvie che è lecito sospettare nascondano altro.

Non è soltanto l’economia, stupido

Di Maio è infatti l’uomo che, durante la pandemia, ha continuato a ringraziare la Cina per gli aiuti all’Italia, ligio alla retorica di quella «Via della Seta della salute» lanciata durante una conversazione telefonica intercorsa fra Xi Jinping e il primo ministro italiano, Giuseppe Conte, il 16 marzo. Quelli cinesi sono però stati aiuti grossolanamente sopravvalutati e Di Maio ha del tutto taciuto i problemi che la Cina ha causato con la propria gestione poco trasparente delle informazioni relative al COVID-19 nella prima fase della pandemia.
Le dichiarazioni di Di Maio sembrano peraltro basarsi sull’idea che politica ed economia siano realtà totalmente separate. Ma non lo sono. Per il PCC l’economia è sempre stata uno strumento politico. L’economista Michele Geraci, che è stato Sottosegretario allo Sviluppo economico nel 2018 e nel 2019 quanto alla guida di quel Ministero vi era lo stesso lo stesso Di Maio, è stato un fautore convinto dell’idea secondo cui i legami economici debbono portare a una più stretta cooperazione tra Italia e Cina in tutti i campi. Oggi Geraci non fa più parte del governo, ma è stato una forza trainante del Memorandum sulla Belt and Road Initiative del 2019.
Qualcuno ha poi ipotizzato che il vero motivo della visita di Wang in Italia sia la sua frenetica ricerca di alleati per lo sforzo che il PCC sta profondendo nella promozione delle reti 5G di Huawei a livello mondiale, dopo che diversi Paesi, capitanati dagli Stati Uniti, hanno promesso di interrompere la cooperazione con l’azienda cinese. Del resto, secondo i media, nelle ultime settimane o negli ultimi mesi Di Maio si sarebbe fatto più attento alla posizione espressa sul punto dagli Stati Uniti di quanto non fosse stato prima. Sia come sia, nessuna decisione finale è stata presa sull’esclusione di Huawei dai progetti italiani sul 5G.

Giustificare la repressione

Quel che è peggio, però, è che i riferimenti dell’Italia ai diritti umani in Cina hanno continuato a essere troppo pochi e troppo tardivi. Sì, Di Maio ha detto a Wang che «[…] è indispensabile preservare l’alto grado di autonomia e libertà» di Honk Kong, ma questo ricorda solo l’apologo del topo e del drago. Il topo poteva credere di ruggire, ma per il drago il ruggito del topo era ridicolo. (continua)