vendredi 18 juillet 2014

BARILLA & AMIANTO: MINACCE A GIANNI LANNES


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di Andrea Rossi


L'11 ottobre 2008 il quotidiano La Stampa pubblica un'inchiesta documentata anche da rilievi fotografici, sull'amianto presente allo stabilimento Barilla di San Nicola di Melfi: la più importante fabbrica dell'azienda parmense che nel Mezzogiorno produce biscotti e merendine.



La preziosa scoperta giornalistica è a firma di Gianni Lannes. La Barilla poiché non può smentire l'evidenza, non denuncia in sede penale il giornalista, ma si limita ad una citazione in sede civile, tanto  per esercitare pressione psicologica. Ma fa un buco nell'acqua: Lannes è un duro e non ritratta la verità sulla grave scoperta. Al momento di giungere al dunque in tribunale, la Barilla chiede all'editore del quotidiano di Torino, ovvero alla Fiat, un accordo transattivo per ritirare l'offensiva giudiziaria, temendo di perdere. Risultato: il direttore Anselmi viene promosso a capo dell'Ansa, mentre l'inviato Lannes viene professionalmente congelato. Il nuovo direttore de La Stampa, tale Mario Calabresi, invece, partecipa ad un evento della Barilla.

Nel 2010 Lannes scopre che l'amianto alla Barilla non è stato ancora bonificato e scrive ancora, in maniera rigorosamente documentata sulla base di un'altra indagine sul campo corroborata con rilievi fotografici inequivocabili. La Barilla risponde con le minacce a mezzo di un avvocato.

Alla fine riesce a spuntarla Gianni Lannes, che non riescono a far tacere. Lannes però ha perso il lavoro. E la Barilla paga un bel pò di pubblicità ai mass media. La Barilla, infatti, 4 anni più tardi dalla scoperta, finalmente bonifica finalmente il sito industriale. Su internet, tuttavia, girano in materia menzogne assemblate da tale Luigi Boschi, inseritosi nella questione non si sa bene a quale titolo, sparando un sacco di balle. Nel 2011 anche il settimanale Il Salvagente dedica qualche pagina di attenzione al famigerato caso, confermando la presenza del cancerogeno amianto.

In ogni caso, in Parlamento, giacciono alcune interrogazioni parlamentari sulla vicenda, che a tutt'oggi non hanno mai ricevuto una risposta dal governo italiano. Per l'azienda di Parma quell'asbesto allo stabilimento in Basilicata non è pericoloso.








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