La situazione economica prodotta dall’esplosione della crisi globale del 2008 ci ha consegnato un mondo molto cambiato. In Europa abbiamo vissuto a lungo nell’illusione di vivere al centro del mondo, prestando attenzione alle novità oltre confine che avvenivano oltre le nostre immediate vicinanze, solo se si realizzavano sull’altra sponda dell’Atlantico.
E tuttavia, il centro economico del mondo, nel frattempo, si è spostato. Nuove potenze emergenti hanno un ruolo di crescente importanza sia sul piano economico che su quello geopolitico. Le relazioni internazionali stanno acquisendo una forma sempre più multipolare. Il ruolo del G20, il consolidamento della cooperazione regionale in Asia, America Latina ed Africa, così come il rafforzarsi della cooperazione fra paesi del BRICS costituiscono altrettante prove irrefutabili dell’emergere di una nuova economia mondiale.
Oltre a queste realtà, l’Unione Eurasiatica, questo progetto relativamente nuovo, inteso a realizzare una integrazione economica regionale, è potenzialmente un altra fonte di produzione di benessere e di potenza economica.
Comunque, questi cambiamenti non portano da soli ad un mondo più pacifico e più stabile. Le sfide sociali esistenti, come la povertà, la disoccupazione e la marginalizzazione sociale, rimangono irrisolte, mentre conflitti regionali, crisi e tensioni si intensificano nel Medio Oriente, in Africa e nella regione del Mar Nero. E, sotto questo aspetto, la grande sfida di questa nuova era consiste nel verificare se questo spostamento del centro di gravità economico globale genererà nuove possibilità per dare delle risposte a queste sfide e disuguaglianze sociali globali, o se al contrario accelererà la rotta incontrollata dell’economia globale, correttamente descritta come “economia – casinò” dall’ex Presidente della Commissione Europea Jacque Delors, poco prima del fragoroso collasso economico del 2008.
Per i vecchi centri finanziari, particolarmente per l’Europa ed il mondo occidentale, la sfida consisterà nella scelta fra una reazione positiva ai nuovi cambiamenti, consistente nella costruzione di ponti di cooperazione con il mondo emergente, e, in alternativa, rimanere arroccati alle vecchie dottrine, alzando nuovi muri di conflitti geopolitici.
La crisi in Ucraina, per esempio, ha aperto una nuova ferita di destabilizzazione nel cuore dell’Europa, cattivo presagio per gli sviluppi globali. Invece di maggiori cooperazioni economiche e politiche nella regione, assistiamo ad un ritorno della obsoleta Guerra Fredda, che a sua volta innesca un ciclo di retorica aggressiva, militarizzazione e sanzioni commerciali.
Questo circolo vizioso deve finire prima possibile; le iniziative diplomatiche, come l’applicazione degli accordi di Minsk, sono apprezzabili e devono essere sostenute.
Il mio Paese, la Grecia, si trova nel centro geopolitico di molte di queste crisi e tensioni; ad ogni modo ha mantenuto il suo ruolo di polo di stabilità e sicurezza nella regione. Come Paese europeo, mediterraneo e balcanico, così come appartenente alle vicinanze del grande Mar Nero, la Grecia vuole essere un ponte di cooperazione nella regione. Vuole diventare un nodo di investimenti, commercio, cooperazione energetica, trasporti, turismo, scambi culturali e di istruzioni all’incrocio di tre continenti. Vogliamo trarre vantaggio della nostra partecipazione a tutti le istituzioni internazionali a cui partecipiamo come Paese europeo. Mentre rispettiamo in pieno il nostro impegno in quanto tali, noi cerchiamo anche attivamente di diventare un ponte di cooperazione nella nostra regione ed oltre, con i nostri tradizionali amici, come la Russia, ma anche con nuove organizzazioni regionali e globali.
Naturalmente, come senz’altro siete a conoscenza, al momento ci troviamo nel bel mezzo di una tempesta. Ma siamo gente di mare, siamo esperti della furia degli elementi e non temiamo di navigare su acque profonde, in nuovi mari, per raggiungere porti nuovi e più sicuri.
Amici,
il problema che noi, e i nostri interlocutori nell’Unione Europea ci troviamo ad affrontare ha come cardine gli sviluppi che ho descritto. L’Unione Europea, di cui la Grecia è membro, deve riscoprire la sua vera rotta ritornando ai suoi principi ed alle sue dichiarazioni istitutive: la solidarietà, la democrazia e la giustizia sociale. Questo, tuttavia, sarà impossibile, se l’Unione Europea continua con le politiche di austerità e di distruzione della coesione sociale, che provocano solo ulteriori recessioni.
Non prendiamoci in giro: il cosiddetto problema greco non è affatto un problema greco. E’ un problema europeo. Il problema non è la Grecia. E’ l’Eurozona, ed è un problema strutturale.
E la domanda è se la l’Unione Europa lascerà spazio per la crescita, la coesione sociale e la prosperità. Se lascerà campo alla politiche di solidarietà invece che a quelle che impongono vicoli ciechi e progetti fallimentari.
Cari Amici,
l’emergere di un nuovo mondo multipolare sarà davvero innovativo e pionieristico solo se riusciamo a liberarlo dai problemi chiave che alimentano la crisi globale. Ma questo non può realizzarsi, non è mai accaduto nella storia, senza decisioni coraggiose. Non possiamo andare avanti in questo nuovo mondo trascinandoci il fardello dei vecchi errori. Altrimenti saremo condannati a ripeterli e continueremo a fallire, mentre la sfida per noi è cambiare per avere successo. Per fronteggiare nuove sfide e superarle. Grazie tante.
http://sakeritalia.it/europa/tsipras-la-grecia-cerca-porti-piu-sicuri/
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