https://youtu.be/5dMKNsu5udM
" Pubblicato il 28 dic 2017Federico Caffè (Pescara, 6 gennaio 1914 – Roma, 15 aprile 1987[1]) è stato un economista italiano.
Fu uno dei principali diffusori della dottrina keynesiana in Italia, occupandosi tanto di politiche macroeconomiche che di economia del benessere. Al centro delle sue riflessioni economiche ci fu sempre la necessità di assicurare elevati livelli di occupazione e di protezione sociale, soprattutto per i ceti più deboli.[2] La sua improvvisa scomparsa è un mistero rimasto irrisolto.Caffè nacque a Pescara da una famiglia di condizioni economiche modeste. Si laureò all'Università di Roma nel 1936 con Lode in Scienze Economiche e Commerciali. I suoi maestri furono Guglielmo Masci, con cui si era laureato, e Gustavo Del Vecchio. Dal 1939 fu assistente presso la facoltà di Economia della stessa università. Nonostante la sua bassa statura, prestò il servizio militare e, dopo l'8 settembre 1943, fu renitente alla leva. Nel 1945 fu consulente del Ministro della Ricostruzione Meuccio Ruini durante il governo Parri. Con una borsa di studio, dopo la guerra passò un anno alla London School of Economics, a Londra, un periodo che fu per lui molto fecondo e dove approfondì la sua conoscenza del pensiero keynesiano e delle politiche sociali del governo laburista.
Lavorò inizialmente presso la Banca d'Italia, per poi insegnare Politica economica e finanziaria nell'Università di Messina. Insegnò poi Economia politica a Bologna. In seguito (dal 1959), fino al suo ritiro dall'insegnamento, fu professore ordinario di Politica economica e finanziaria presso l'Università di Roma.
Oltre ai suoi scritti accademici, Federico Caffè fu un attento commentatore dell'attualità economica su giornali e riviste. In particolare, collaborò assiduamente a Il Messaggero e a il manifesto. Gli scritti su il manifesto, spesso sollecitati dal suo amico Valentino Parlato e dal suo allievo Roberto Tesi, sono stati raccolti in volume[3]. Gli articoli per Il Messaggero, dovuti alla richiesta di collaborazione avanzata da Aldo Maffey, e l'Ora, sono anch'essi stati raccolti in volume[4].
Relatore della tesi di laurea di più di mille studenti, ha formato numerosi economisti italiani. Tra i suoi studenti vi sono stati il governatore della Banca d'Italia e presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, il preside della facoltà di economia e commercio della Sapienza Università di Roma, Giuseppe Ciccarone. Fu mentore e amico di Franco Archibugi, Giorgio Ruffolo,[5] Luigi Spaventa, Marcello De Cecco[6], Fernando Vianello, Ezio Tarantelli (assassinato dalle BR nel 1985),[7] Nicola Acocella, Alberto Bagnai, Fausto Vicarelli, Bruno Amoroso, Guido M. Rey, Gian Cesare Romagnoli, Pierluigi Ciocca, Vieri Ceriani, Marco Ruffolo, Enrico Giovannini, Daniele Archibugi, Nino Galloni, e di altri economisti italiani.
Svolse per vari anni l'attività di consulente per l'economia della casa editrice Laterza, nella persona del direttore editoriale Enrico Mistretta. Giuseppe (Pepe) Laterza si laureò con lui nel 1981. Mantenne rapporti frequenti anche con sindacalisti, quali Antonio Lettieri.
La politica economica[modifica | modifica wikitesto]
Federico Caffè lavorò sempre sui temi della politica economica e del welfare, con particolare attenzione agli aspetti sociali e alla distribuzione dei redditi.[8]
Dedicò particolare attenzione agli economisti scandinavi e alle esperienze di tali paesi nel welfare. Divulgò in Italia il pensiero e gli scritti di economisti scandinavi quali Gunnar Myrdal e Frederick Zeuthen.
Il suo testo universitario Lezioni di politica economica è rappresentativo del suo pensiero. In esso Caffè definì la politica economica:
« La politica economica è quella parte della scienza economica che usa le conoscenze dell'analisi teorica come guida per l'azione pratica. »
La decennale esperienza didattica del suo autore si riscontra nel libro: le possibili domande del lettore sembrano essere già considerate. In nessun punto appaiono salti concettuali.
Come Keynes, Caffè appare eclettico nel suo accettare contributi eterogenei nella costruzione del grande edificio della scienza economica (per esempio include Marx e i marginalisti). Ciò fa apparire più forti le sue critiche al pensiero liberista.
« Poiché il mercato è una creazione umana, l'intervento pubblico ne è una componente necessaria e non un elemento di per sé distorsivo e vessatorio. Non si può non prendere atto di un recente riflusso neoliberista, ma è difficile individuarvi un apporto intellettuale innovatore. »
« … i limiti intrinseci all'operare dell'economia di mercato, anche nell'ipotesi eroica che essa funzioni in condizioni perfettamente concorrenziali. È molto frequente nelle discussioni correnti rilevare un'insistenza metodica sui vantaggi operativi del sistema mercato, e magari su tutto ciò che ne intralci lo “spontaneo” meccanismo, senza alcuna contestuale avvertenza sui connaturali difetti del meccanismo stesso. » "