"l Al di là delle buone intenzioni, leggiamo poi con preoccupazione queste parole nel documento conclusivo del congresso:“Tra le richieste della Dichiarazione di Verona: il riconoscimento della perfetta umanità del concepito; la protezione da ogni ingiusta discriminazione dovuta all’etnia, alle opinioni politiche, all’età, allo stato di salute o all’orientamento sessuale; la tutela delle famiglie in difficoltà economiche, specie se numerose, e delle famiglie rifugiate; il contrasto all’inverno demografico, tramite leggi che incentivino la natalità” (Notizie Pro Vita 31 marzo).
Purtroppo questa dichiarazione accetta una categoria giuridica estranea alla legge naturale e al vero diritto: il principio di non-discriminazione. Il vero diritto discrimina, in quanto favorisce e tutela alcuni comportamenti, ritenendoli giusti e ne scoraggia e reprime altri, ritenendoli ingiusti e dannosi. Il principio di non discriminare gli orientamenti sessuali appartiene ai “nuovi diritti” introdotti per capovolgere la legge naturale e cristiana. La non discriminazione degli orientamenti sessuali significa infatti la parificazione di tutte le tendenze e le scelte in campo sessuale, quali esse siano. Ogni critica pubblica di un comportamento difforme dalla legge divina e naturale sarebbe una forma di discriminazione. Chi sostenesse, ad esempio, che la scelta omosessuale è un vizio contro-natura cadrebbe in una forma di discriminazione omofobica, che andrebbe punita dalla legge. Ciò è coerente con quanto ha affermato Luca Zaia, secondo cui “Se esiste una patologia è l’omofobia, non l’omosessualità“, ma quale coerenza ha con la concezione cristiana professata dalla larga maggioranza dei partecipanti al Congresso di Verona? Una volta accettato il famigerato principio di non-discriminazione degli orientamenti sessuali, non si potranno più criticare pubblicamente i comportamenti contrari alla morale cristiana, definendoli, ad esempio “tendenze disordinate”, come fecero Giovanni Paolo II e Benedetto XVI."
Purtroppo questa dichiarazione accetta una categoria giuridica estranea alla legge naturale e al vero diritto: il principio di non-discriminazione. Il vero diritto discrimina, in quanto favorisce e tutela alcuni comportamenti, ritenendoli giusti e ne scoraggia e reprime altri, ritenendoli ingiusti e dannosi. Il principio di non discriminare gli orientamenti sessuali appartiene ai “nuovi diritti” introdotti per capovolgere la legge naturale e cristiana. La non discriminazione degli orientamenti sessuali significa infatti la parificazione di tutte le tendenze e le scelte in campo sessuale, quali esse siano. Ogni critica pubblica di un comportamento difforme dalla legge divina e naturale sarebbe una forma di discriminazione. Chi sostenesse, ad esempio, che la scelta omosessuale è un vizio contro-natura cadrebbe in una forma di discriminazione omofobica, che andrebbe punita dalla legge. Ciò è coerente con quanto ha affermato Luca Zaia, secondo cui “Se esiste una patologia è l’omofobia, non l’omosessualità“, ma quale coerenza ha con la concezione cristiana professata dalla larga maggioranza dei partecipanti al Congresso di Verona? Una volta accettato il famigerato principio di non-discriminazione degli orientamenti sessuali, non si potranno più criticare pubblicamente i comportamenti contrari alla morale cristiana, definendoli, ad esempio “tendenze disordinate”, come fecero Giovanni Paolo II e Benedetto XVI."