Il Governo greco ha voluto ripetere ai partner europei che il bilancio dello stato greco si è chiuso per la prima volta con un avanzo primario (al netto dei costi degli interessi sul debito), aprendo così la strada alla concessione di quel terzo prezioso aiuto da 11 miliardi di euro, per azzerare il gap di bilancio previsto nel biennio 2014-2015.
«È una bugia», dicono però dalla sinistra all’opposizione, Syriza (4,03% alle Europee in Italia con la Lista italiana "L'altra Europa con Tsipras"). Perché il governo ha escluso dal calcolo del saldo tra entrate e uscite non solo il pagamento degli interessi sul debito, ma anche la spesa sociale e quella delle amministrazioni locali, ha tagliato gli investimenti (meno 1,3 miliardi), ha rallentato la restituzione dei crediti fiscali per 683 milioni di euro su 1,8 miliardi, aumentando nel contempo la pressione fiscale sia sulle imposte dirette che indirette.
Atene, insomma, cerca di rimettersi in linea con le aspettative dei creditori internazionali, facendo i calcoli un po’ a modo suo. Ma tanto il governo greco quanto la troika fanno finta di non vedere che il debito continua a crescere e il tessuto sociale si sta frantumando. La disocupazione supera il 30 per cento (ma secondo i sindacati il dato reale è molto più alto), quella giovanile va oltre il 60 per cento, mentre è cresciuto vertiginosamente il numero delle persone senza tetto e indigenti.
Altro che ripresa. E a dirlo non è soltanto l’opposizione, ma anche il rapporto dell’Ocse pubblicato poche settimane fa, nel quale vengono riconosciuti i «progressi sostanziali» di Atene, ma si fa notare che le riforme fatte finora non sono riuscite a ridare slancio all’ economia. Non crescita zero, come sostiene il governo ellenico, bensì un calo del pil dello 0,4 per cento. Le parole di Barroso, Samaras e Venizelos suonano beffarde e sinistre agli “eroi” greci che non vogliono piú sacrificarsi.