La seguente anticipazione pubblicata il 2 settembre scorso, era inspiegabilmente sparita dal blog! Ora la ri-pubblichiamo, aggiungendo il riferimento al caso BNL (Roma-Atlanta-Baghdad): armamenti e finanziamenti da Italia e Usa all'Iraq; ed inoltre la citazione di un libro introvabile in Italia, anzi mai tradotto in lingua italiana di Victor Ostrovski (ex agente del Mossad), appunto il volume pubblicato nel 1994 dal titolo The other of deception...
A pagina 248 si riferisce di una conversazione tra l’autore ed un collega inglese, avvenuta a fine Gennaio 1990 in un albergo ad Ottawa (Canada), e parte con una domanda di quest’ultimo:
“Do you believe or think or know if the Mossad may have had any involvement in what happened to Flight 103 over Lockerbie?”
I was dumbfounded. It took me several seconds to realize what the man had asked me. I responded almost automatically. “No way.”
“Why?”
“No reason. Just no way, that’s all. Up to this point, every time Israel or the Mossad has been responsible for the downing of a plane, it’s been an accident, and related directly to the so-called security of the state, like the shooting down of the Libyan plane over the Sinai and the Italian plane (thought to carry uranium) in 1980, killing eighty-one people. There is no way that they’d do this.”
Traduzione:
“Credi o pensi o sai se il Mossad puo’ essere implicato in quanto e’ successo al volo 103 su Lockerbie?”
Ero perplesso. Ci misi diversi secondi a realizzare quanto mi era stato chiesto. Risposi quasi automaticamente. “In nessun modo”.
“Perche’?”
“Nessun motivo. Semplicemente in nessun modo, e’ tutto. Sino ad oggi, ogni volta che Israele o il Mossad e’ stato responsabile dell’abbattimento di un aereo, si e’ trattato di un incidente, ed in diretta relazione con la cosiddetta sicurezza di stato, come l’abbattimento dell’aereo libico sul Sinai e l’aereo italiano (che si pensava trasportasse uranio) nel 1980, nel quale furono uccise ottantuno persone. In nessun modo avrebbero fatto una cosa simile”.
Il 19 marzo 1980 il quotidiano New York Herald Tribune riferisce di “un accordo italo-iracheno: Roma vende a Baghdad materiale radioattivo in cambio di consistenti forniture di petrolio; inoltre il governo iracheno si è impegnato a comprare una decina di navi da guerra di fabbricazione italiana”. Ovviamente c’è il beneplacito del presidente Carter ed il via libera del primo ministro Francesco Cossiga. A maggio si riunisce a Roma una Commissione italo-irachena, formata dal ministro del Commercio estero Enrico Manca (psi), dal ministro omologo iracheno Hassan Alì e dal sottosegretario del petrolio Abdul Munim Alwan Samarai. Il governo iracheno chiede armi e tecnologia nucleare in cambio di petrolio. Il primo contratto stipulato, in cui figura la Snia Techint e l’Ansaldo, ha un importo di 50 milioni di dollari. Al contempo, il Governo francese fornisce all’Iraq l’uranio arricchito che trasporta a Tuwaitha a bordo di un Airbus 300.
Dunque, il movente, ovvero il conferimento ad un Paese mediorientale di tecnologia strategica, o meglio atomica; un'azione da impedire a tutti i costi. Un incidente, un errore di bersaglio? Il Mossad sospettava che il DC9 Itavia fosse stato utilizzato segretamente dallo Stato italiano per il trasferimento di componenti nucleari in Iraq (prima tappa da Bologna a Palermo, a bordo di un volo insospettabile, ma non per il Mossad). In ogni caso i contratti miliardari sono passati tutti attraverso la filiale USA della BNL di Atlanta.
Il governo sionista di Tel Aviv (soprattutto Begin) non vede di buon occhio la situazione e si prepara a sabotare con ogni mezzo l’impresa. Infatti, il 27 giugno 1980, a scopo puramente dimostrativo, dopo aver già realizzato qualche attentato intimidatorio da parte del Mossad, avvertimenti ed ultimatum al governo italiano, i velivoli israeliani camuffati da mig abbattono il Dc 9 Itavia, decollato da Bologna con destinazione Palermo. E’ un segnale forte contro l’Italia. Due piloti italiani, gli ufficiali Naldini e Nutarelli - in seguito assi delle frecce tricolori morti nell’inverosimile “incidente” di Ramstein, una settimana prima di essere interrogati dal giudice Priore sulla strage di Ustica - quella sera intercettarono gli aerei da guerra della Stelle di Davide che avevano bucato la difesa aerea italiana. A Naldini e Nutarelli viene prontamente ordinato qualche minuto prima del momento fatale di tornare alla base di Grosseto. Alle 81 vittime diretta del volo IH 870 bisogna aggiungere altre 21 persone, "suicidate" dai servizi di intelligence perché sapevano troppo.
Nella Repubblica degli omissis, i depistaggi classici sono imbastiti mediante distrazioni provvidenziali, ritardi clamorosi o errori giudiziari. Cossiga docet. Appare inverosimile: i magistrati della Procura della Repubblica di Reggio Calabria (Neri) e di Matera (Pace) che indagavano insieme su un centro dell'Enea in Basilicata (Trisaia) entrarono casualmente in possesso di informazioni interessanti sulla strage di Ustica, e le trasmisero ai giudici competenti, ma senza esito.
La verità, però, non si può uccidere e prima o poi salta fuori. Accadde il 27 giugno 1980. A Bologna 81 persone salgono a bordo dell’aeroplano civile diretto a Palermo: 64 passeggeri adulti, 11 ragazzi tra i dodici e i due anni, due bambini di età inferiore ai ventiquattro mesi e 4 uomini d’equipaggio. Il velivolo decolla alle 20.08 e sparisce dai tracciati radar alle 20.59.
«L’incidente al Dc 9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento. Il Dc 9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto». Sono le parole con le quali il giudice Rosario Priore - alternatosi ai colleghi Aldo Guarino, Giorgio Santacroce e Vittorio Bucarelli - ha chiuso il 31 agosto 1999, la più lunga istruttoria della storia giudiziaria italiana. Caccia non identificati, radar che vedono e non vedono, un buco nero di segreti, omissioni, depistaggi e menzogne a caratura istituzionale con coperture di livello internazionale.
Quella sera andò così. Due caccia Phantom F-4 - regalati dagli Usa ad un potente alleato - entrarono nel Tirreno posizionandosi tra Ponza e Ustica, in attesa del bersaglio, esattamente nel punto - non rilevabile dai radar - in cui avevano verificato un’ampia zona d’ombra nella difesa aerea italiana. Sembrava una missione impossibile, ma si erano preparati per mesi a quella che giudicavano un “atto di vitale autodifesa”. I missili si allontanarono nel vuoto e colpirono l’aereo civile italiano. I due caccia di Israele - modificati e riforniti in volo - assistiti da un velivolo Sig-int, allora si divisero e uno di essi attraversò la costa tirrenica della Calabria per fare rientro nella terra promessa. Per la cronaca per tutta la primavera dell'anno 1980 i velivoli bellici di Israele si erano esercitati a bucare la difesa tricolore, per scovare i numerosi punti deboli. L'anno successivo gli israeliani replicarono con il bombardamernto in Iraq del complesso nucleare di Osirak, un'altra impresa considerata - a torto - logisticamente impossibile. Ma in questo caso se ne vantarono pubblicamente. Capaci di azioni criminali impensabili e tecnicamente giudicate impossibili. A missione compiuta il premier Begin fu colto da un infarto.
Il muro di gomma sembra impenetrabile. L’orecchio di Echelon Usa dalla base di San Vito dei Normanni (Brindisi) ha registrato tutto, istante per istante, alla stregua di Shape, un organismo Nato, di stanza a Bruxelles, ma il Pentagono non collabora. Oggi sono note cause, dinamica e scenario internazionale di matrice bellica. Mancano all’appello solo gli autori materiali della strage e i loro mandanti ben protetti. Perché questa verità era così inconfessabile da richiedere il silenzio, l’omertà, l’occultamento delle prove?
Il 22 maggio 1988 il sommergibile Nautile esplora il Mar Tirreno alla ricerca del Dc9 Itavia. Alle 11,58 le telecamere inquadrano una forma particolare. Uno dei due operatori dell’Ifremer scandisce in francese la parola “misil”. Alle 13,53 s’intravede un’altra classica forma di missile. Le ricerche della società di Tolone vengono sospese tre giorni dopo. L’ingegner Jean Roux, dirigente della sezione recuperi dell’Ifremer, subisce uno stop inspiegabile dall’ingegner Massimo Blasi, capo della commissione dei periti del Tribunale di Roma. I due missili non vengono raccolti neppure durante la seconda operazione di recupero affidata a una società inglese. Forse, perché la Stella di Davide è intoccabile? Trascorrono tre anni prima che i periti di parte abbiano la possibilità di visionare i nastri dell’operazione Ifremer. Secondo un primo tentativo di identificazione di tratta di un “Matra R 530 di fabbricazione francese” e di uno “Shafrir israeliano”. I dati tecnici parlano chiaro. Quel Matra è “lungo 3,28 metri, ha un diametro di 26 centimetri con ingombro alare di 110, pesa 110 chilogrammi: è munito di una testata a frammentazione e può colpire il bersaglio a 3 km di distanza con la guida a raggi infrarossi e a 15 km con la guida radar semiattiva”. L’altro missile è “lungo 2,5 metri, 16 centimetri di diametro e 52 di apertura alare, pesa 93 kg e ha una gittata di 5 km”. Entrambi i missili erano in dotazione ai caccia di Israele, in particolare: Mirage III, Kfir, F4, A4, F15, F16.Uno di quei missili è stato lanciato contro il Dc9.
Le ultime scoperte dei periti di parte civile hanno confermato senza ombra di dubbio che il Dc 9 è stato abbattuto da un missile. La prova è costituita da 31 sferule d’acciaio (diametro 3 millimetri) trovate in un foro vicino all’attacco del flap con la fusoliera. La loro presenza può essere spiegata con l’esplosione vicino alla parte anteriore dell’aereo della testa a frammentazione di un missile. La requisitoria del giudice Priore parla di una operazione militare condotta da Paesi alleati -americani, francesi, inglesi e libici - della quale gli italiani sono stati testimoni diretti. Nei tracciati radar si vede addirittura un elicottero decollato dal mare, presumibilmente da una portaerei, giungere nella zona del disastro prima che arrivassero, con deliberato ritardo, i soccorsi. Che cosa si è voluto insabbiare con tanto accanimento? Il ruolo attivo di Israele? «E’ una questione di dignità nazionale - argomenta Daria Bonfietti che ha perso il fratello Alberto - Un’altra Ustica può ripetersi in qualsiasi momento».
Le 5.600 pagine di requisitoria del giudice Priore parlano di una operazione militare condotta da Paesi alleati della quale gli italiani sono stati testimoni diretti. Nei tracciati radar si vede addirittura un elicottero decollato dal mare, presumibilmente da una portaerei, giungere nella zona del disastro prima che arrivassero, con deliberato ritardo, i soccorsi. A poca distanza dal luogo di ammaraggio dell'aereo civile staziona l'unità militare italiana Vittorio Veneto che però non presta alcun soccorso. L'ultima testimonianza è di un ufficiale di macchina da me scovato ed intervistato che ho prontamente segnalato - unitamente ad altri tre testimoni degli eventi (tre ex militari dell'Aeronautica militare, perseguitati dall'Arma azzurra) ai magistrati titolari dell’inchiesta presso la Procura della Repubblica di Roma (Maria Monteleone ed Erminio Amelio).
Il missile non era ad impatto; era a risonanza: perché se il missile fosse stato ad impatto dell'aereo non avremmmo più traccia, neanche una scheggia.
Il Dc 9 Itavia aveva a bordo 81 passeggeri, tra cui 64 adulti, 11 bambini tra i due e i dodici anni,, due bambini di età inferiore ai 24 mesi, oltre ai 4 membri d'equipaggio.
Dopo 33 anni l'abbattimento di questo aereo civile non ha nessun colpevole. Alla tragedia umana di uno Stato criminale - di vari Governi e dell'Aeronautica Militare tricolore - che non ha voluto fornire una spiegazione, preferendo la fedeltà al segreto NATO. Nel 2003 il Governo italiano ha siglato con Israele un trattato di cooperazione militare, ratificato nel 2005 con la legge 94 dal Parlamento italiano ("opposizione" inclusa con il beneplacvito del presidente della Repubblica). I magistrati italiani per quanto determinati sono andati a sbattere una seconda volta contro il muro di gomma. La beffa finale: da alcuni anni le forze armate di Tel Aviv svolgono esercitazioni militari in Italia e con l'Italia nel quadro di alleanze del Patto atlantico.
Post scriptum
Qualche anno fa - accompagnato alla Procura della Repubblica di Roma da due poliziotti della mia scorta della Polizia di Stato - ho riferito, o meglio verbalizzato ai magistrati Amelio e Monteleone quanto avevo scoperto indagando per dieci anni sulla strage di Ustica. Ed ho indicato loro alcuni testimoni (ex militari) mai interrogati dall'autorità giudiziaria. Uno di essi (un ex ufficiale della Marina Militare) ha dichiarato che il 27 giugno 1980 era in corso un'imponente esercitazione aeronavale della NATO nel Mar Tirreno. E che l'unità su cui era imbarcato, la Vittorio Veneto non ha prestato alcun soccorso, pur essendo vicina al luogo di impatto del velivolo civile, ma ricevette l'ordine di far rientro a La Spezia. Due di questi ex militari, già appartenenti all'Aeronautica Militare sono stati minacciati, ed uno di essi ha subito addirittura un trattamento sanitario obbligatorio messo in atto dall'Arma Azzurra. Secondo la testimonianza di un ex barba finta - agli atti giudiziari - già segretario di alcuni ministri della Difesa, nell'ottobre dell'anno 1980, l'allora responsabile di quel dicastero ricevette dai servizi nostrani di intelligence una relazione dettagliata sulla strage. A suo dire, quel prezioso documento non è mai stato reso di dominio pubblico, né tantomeno fornito alla magistratura inquirente. Ho prontamente nesso al corrente della situazione l'amica Daria Bonfietti. I magistrati Amelio e Monteleone due anni anni fa mi hanno invitato a non far trapelare nulla. Ma dopo così tanto tempo, mi sento in obbligo di mettere al corrente anche l'opinione pubblica. L'Italia è un Paese a sovranità inesistente: bisogna prenderne atto. L'Azione del potere giudiziario non può nulla.
Chi tocca i segreti NATO muore: è già toccato a tanti, per esempio al presidente Aldo Moro.