Di Antonio Satta
Quasi una requisitoria che ha lasciato ben pochi margini all’impostazione data dal governo alla legge di Stabilità. Il presidente designato della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri, ascoltato a palazzo Madama dalle commissioni Bilancio di Camera e Senato ha cominciato dalla base, ossia dalle previsioni macroeconiche del governo, affermando che "c'è un'alta probabilità che si realizzi un quadro meno favorevole di quello prospettato e con scostamenti crescenti nel tempo".
Anche l’affermazione del premiere, che questa è la prima legge di Stabilità senza aumenti di tasse, non ha convito Squitieri, per il quale c'è invece "il rischio dell'emersione di ulteriori aumenti impositivi" quali "inasprimenti che potrebbero canalizzarsi sul versante del patrimonio immobiliare e in particolare sulla Tasi, che moltiplica il suo peso (1 per mille sull'imponibile catastale ai fini Imu) rispetto a quello incorporato nella vecchia Tares (30 cent. di euro al mq)".
Inoltre, ha proseguito, "lasciando ai Comuni la facoltà di rideterminare l'aliquota, crea il presupposto di aumenti di prelievo da parte degli enti locali con aliquota Imu inferiore al massimo previsto dalla legge". Secondo la magistratura contabile "a rischiare di essere colpiti saranno le seconde case e gli immobili strumentali delle imprese allocati nei Comuni finora virtuosi (quelli che su tali immobili hanno fin qui adottato un'aliquota Imu non superiore al 9,6 per mille)".
Non va meglio per un’altra delle norme chiave del ddl, come il taglio del cuneo fiscale che per il presidente incaricato della Corte dei conti, ha un perimetro "limitato" e comporta "problemi distributivi e di equità" poiché esclude dal beneficio 25 milioni di soggetti.
Parlando di tasse, non fanno dormire sonni tranquilli nemmeno le "imposte future" contenute nella legge di Stabilità, cioè quelle "quantificate nel gettito da conseguire ma ancora del tutto indefinite nella loro articolazione e nella percezione da parte dei contribuenti" rischiano, con il loro "grado di incertezza", di condizionare l'intera manovra. Tra queste misure c'è la revisione degli oneri detraibili e la riduzione delle agevolazioni fiscali che dovrebbero portare un maggior gettito per circa 11,8 miliardi, "ossia quasi la metà delle maggiori entrate attese".
Eppure una tregua fiscale è possibile, con la legge di stabilità, infatti, "si pongono le condizioni per una tregua fiscale basata tuttavia su una dose elevata di deterrenza: l'individuazione di tagli significativi alle agevolazioni fiscali e l'apposizione di clausole di salvaguardia rappresentano un monito stringente per l'effettiva attuazione di quelle modifiche organizzative tante volte annunciate ma che ancora attendono un compimento".
Anche l’affermazione del premiere, che questa è la prima legge di Stabilità senza aumenti di tasse, non ha convito Squitieri, per il quale c'è invece "il rischio dell'emersione di ulteriori aumenti impositivi" quali "inasprimenti che potrebbero canalizzarsi sul versante del patrimonio immobiliare e in particolare sulla Tasi, che moltiplica il suo peso (1 per mille sull'imponibile catastale ai fini Imu) rispetto a quello incorporato nella vecchia Tares (30 cent. di euro al mq)".
Inoltre, ha proseguito, "lasciando ai Comuni la facoltà di rideterminare l'aliquota, crea il presupposto di aumenti di prelievo da parte degli enti locali con aliquota Imu inferiore al massimo previsto dalla legge". Secondo la magistratura contabile "a rischiare di essere colpiti saranno le seconde case e gli immobili strumentali delle imprese allocati nei Comuni finora virtuosi (quelli che su tali immobili hanno fin qui adottato un'aliquota Imu non superiore al 9,6 per mille)".
Non va meglio per un’altra delle norme chiave del ddl, come il taglio del cuneo fiscale che per il presidente incaricato della Corte dei conti, ha un perimetro "limitato" e comporta "problemi distributivi e di equità" poiché esclude dal beneficio 25 milioni di soggetti.
Parlando di tasse, non fanno dormire sonni tranquilli nemmeno le "imposte future" contenute nella legge di Stabilità, cioè quelle "quantificate nel gettito da conseguire ma ancora del tutto indefinite nella loro articolazione e nella percezione da parte dei contribuenti" rischiano, con il loro "grado di incertezza", di condizionare l'intera manovra. Tra queste misure c'è la revisione degli oneri detraibili e la riduzione delle agevolazioni fiscali che dovrebbero portare un maggior gettito per circa 11,8 miliardi, "ossia quasi la metà delle maggiori entrate attese".
Eppure una tregua fiscale è possibile, con la legge di stabilità, infatti, "si pongono le condizioni per una tregua fiscale basata tuttavia su una dose elevata di deterrenza: l'individuazione di tagli significativi alle agevolazioni fiscali e l'apposizione di clausole di salvaguardia rappresentano un monito stringente per l'effettiva attuazione di quelle modifiche organizzative tante volte annunciate ma che ancora attendono un compimento".
Per finire, nemmeno i risparmi di spesa previsti tranquillizzano Squitieri, perché Incidere sulla spesa delle amministrazioni locali e degli organi istituzionali non basta, "è necessario procedere a una revisione più radicale dei confini entro cui opera il sistema di intervento pubblico". C’è bisogno di un "ripensamento delle modalità di prestazione dei servizi pubblici e delle modalità di accesso, in un contesto sociale e demografico profondamente mutato". "E' oggi indispensabile uno sforzo straordinario mirato al recupero di ulteriori margini di risparmio, sia da destinare a una riduzione del carico fiscale che a incidere sulle carenze più evidenti nella qualità dei servizi pubblici". "Solo per questa via rigorosamente selettiva di ridisegno della spesa è possibile pensare di reperire le risorse necessarie ai programmi mirati al sostegno della crescita".