lundi 6 octobre 2014

La scenza marcia e la menzogna globale - Un fattore di rischio per la fertilità femminile e la gravidanza: la celiachia.

Posted: 05 Oct 2014 02:59 PM PDT
Qui di seguito la traduzione del riassunto (abstract) dell'articolo "A risk factor for female fertility and pregnancy: celiac disease", pubblicato sulla rivista Gynecological Endocrinology [2000 Dec;14(6):454-63]. Gli autori dell'articolo sono  gli italiani Anna Velia Stazi e Alberto Mantovani

L'abstract dell'articolo è visionabile su pubmed al link seguente:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11228068

Un altro articolo in italiano sul medesimo argomento (e che risulta ovviamente più dettagliato di questo riassunto) è l'articolo Fertilità, gravidanza e celiachia della dottoressa Anna Vitale. altre informazioni sono reperibili in inglese sul sito Celiac Central e su Arquivos de Gastronterologia, e sul Word Journal of Gastroenterology:


Che l'intestino non sia il solo organo bersaglio dell'e reazioni autoimmuni innescate dal glutine viene precisato nell'introduzione di un altro articolo della dottoressa  Anna Velia Stazi.

L'articolo è molto interessante sebbene io preciserei che:

1) La celiachia ha sicuramente una base genetica nel senso di predisposizione genetica, ma occorrono secondo l'opinione e l'esperienza del dottor Haas e della dottoressa Campbell anche fattori scatenanti che spesso sono identificabili con disbiosi/parassitosi intestinali e/o, per non parlare del ruolo di alcuni agenti tossici - prodotti chimici, metalli pesanti)
2) Il malassorbimento (per quanto detto sopra) è presumibilmente un effetto della disbiosi/parassitosi intestinale piuttosto che della celiachia in sè, ovvero celiachia e malassorbimento possono rilevarsi solo due facce della stessa medaglia, che sono correlati in quanto effetti della medesima causa.

A seguito della traduzione un breve estratto del libro "Il mal di glutine" di Lorenzo Acerra che riguarda proprio la presente questione.




Un fattore di rischio per la fertilità femminile e la gravidanza: la celiachia.

La celiachia è un’intolleranza al glutine su base genetica. Nel passato la celiachia è stata considerate una rara malattia dell’infanzia caratterizzata da diarrea cronica e rallentamento della crescita. A parte l’enteropatia manifesta, ci sono molte altre forme che appaiono più tardi nel corso della vita; gli organi bersaglio non sono limitati all’intestino, ma comprendono il fegato, la tiroide, la pelle, e l’apparato riproduttivo. È adesso riconosciuto che la celiachia è una condizione relativamente frequente; la prevalenza totale è di almeno 1 su 300 nell’Europa Occidentale. La celiachia può compromettere la vita riproduttiva delle donne che ne sono affette, causando pubertà ritardata, infertilità, amenorrea e menopausa precoce. Studi clinici ed epidemiologici mostrano che le pazienti celiache hanno un rischio più alto di aborti spontanei, minor peso alla nascita del neonato e ridotta durata dell’allattamento. Non sono disponibili studi adeguati sul tasso di difetti congeniti nei figli delle donne celiache; tuttavia, la celiachia induce malassorbimento e carenza di fattori essenziali per l’organogenesi, per esempio ferro, acido folico, e vitamina K. Le evidenze complessive suggeriscono che i pazienti celiaci possono essere un gruppo particolarmente suscettibile alle sostanze che risultano tossiche per la riproduzione; tuttavia, la patogenesi dei disturbi riproduttivi correlati alla celiachia aspetta ancora una chiarificazione. Al presente, come altre patologie associate con la celiachia, la possibile prevenzione o il trattamento degli effetti riproduttivi possono essere ottenuti solo per mezzo di un’adesione alla dieta senza glutine vita natural durante.



Fertilità femminile e mestruazioni 

(tratto dal libro “Il mal di glutine” di Lorenzo Acerra)

Le donne con problemi di riproduzione costituiscono un gruppo a rischio di celiachia non diagnosticata [Hin 2002]. Vari autori hanno riportato un’aumentata incidenza di aborti spontanei singoli o ripetuti in donne inconsapevoli della loro condizione celiaca e quindi a dieta con glutine. La successiva diagnosi e quindi l’instaurarsi di una dieta senza glutine consente il concepimento e la felice conclusione della gravidanza [Motta 1997].

Martinelli [2000] riporta 7 casi di aborti spontanei in donne che, successivamente indirizzate alla diagnosi celiaca e sospeso il glutine per almeno un anno, riescono nel tentativo seguente a portare a compimento la gravidanza.

De Sandre [1996] riferisce di una donna in cui non c’era stata verso di prevenire gli aborti in tre consecutive gravidanze; solo con la diagnosi di celiachia e un periodo senza glutine di due anni è possibile avere una gravidanza normale portata a termine con successo.

Collin [1996] e Caramaschi [2000] riportano ciascuno 4 casi di infertilità secondaria a celiachia e rilanciano entrambi il seguente monito: “Una migliore diffusione di queste informazioni può portare a diagnosticare correttamente la celiachia, escludere il glutine e dunque rimuovere la causa dell’aborto, e questo protocollo dovrebbe essere seguito in tutti quei casi di aborto che vengono etichettati come di origine ignota”.

Eliakim [2001] sottolinea che sebbene siano stati ultimati numerosi lavori di ricerca in merito e sebbene queste informazioni siano da considerarsi un dato acquisito, molti specialisti in ostetricia e ginecologia non sono al corrente di una tale correlazione. Gasbarrini [2000] effettua lo screening ematico della celiachia in 44 donne con aborti spontanei ricorrenti, 39 con ritardo della crescita intrauterina e 50 donne sane di controllo. Nessuna delle donne sane risulta celiaca, mentre questa condizione viene trovata nell’8% delle donne con aborti spontanei ricorrenti e nel 15% di quelle con ritardo della crescita intrauterina.

Sebbene il rischio relativo di aborto risulti 9 volte superiore in pazienti celiache che consumano glutine rispetto alla popolazione generale e a pazienti celiache che non consumano glutine [Ciacci 1996], è innegabile che la stragrande maggioranza delle donne celiache a dieta con glutine riescano ancora a portare a termine la gravidanza. Solo che:

1. tra di esse comunque vengono segnalati tempi medi di attesa della gravidanza maggiori rispetto a quelli in donne non affette;

2. il consumo di glutine in queste pazienti può causare basso peso alla nascita dei piccoli o travaglio anticipato.

Insomma, riconoscere la celiachia nei casi difficili è fondamentale perché ciò può fare la differenza tra un esito favorevole del concepimento e della gravidanza ed uno sfavorevole [Hozyasz 2001].

Un messaggio molto chiaro è quello indirizzato da Ventura [2001] all’Istituto Superiore di Sanità: “Se consideriamo da un lato la morbidità in gravidanza della celiachia non riconosciuta e dall’altro la elevata prevalenza di questa ultima anche in paragone alla rosolia (0.01 per mille) e alla toxoplasmosi (0.5 per mille), appare chiaro che il dosaggio degli anticorpi [celiaci, N.d.A.] anti-transglutaminasi dovrebbe essere inserito tra gli screening “obbligatori” per ogni donna almeno alla prima gravidanza”.

La letteratura medica gli dà pienamente ragione se consideriamo, per esempio, che il travaglio anomalo in pazienti con celiachia silente che consumano glutine può portare a difetti congeniti, da dislocazione dell’anca fino a anomalìe multiple cardiache congenite [Jameson 1976].

Le madri celiache che seguono il regime senza glutine hanno un ridotto numero di sintomi loro stesse e concepiscono bimbi con peso maggiore [Ferguson 1982]. Si deve pensare alla possibilità di celiachia anche in casi di perdita precoce di latte, che è reversibile se si sospende (con la necessaria prontezza e lucidità) il consumo di glutine [Meloni 1999].

Nell’ultimo ventennio sono apparse segnalazioni anche sui possibili effetti della malattia celiaca sulle mestruazioni (oltre che sulla fertilità e gravidanza). La menopausa fisiologica si verifica in epoca più precoce nelle donne celiache che consumano glutine [Sher 1994].

Un altro riscontro che un’aumentata incidenza nella donna celiaca in dieta libera (con glutine) è l’assenza del flusso mestruale (amenorrea) per periodi superiori ai tre mesi senza un’evidente alterazione endocrina. Tale condizione si risolve quando si instaura una dieta priva di glutine sufficientemente prolungata [Motta 1997].

Rujner [1990] documenta la diagnosi di celiachia in una 18enne che oltre al ritardo nell’età del primo flusso mestruale non aveva mai avuto mestruazioni normali. In tutti gli anni precedenti la diagnosi di celiachia non è mai stata presa in considerazione. L’adozione della dieta senza glutine determina una normalizzazione delle mestruazioni oltre che darle sollievo dai dolori, normalizzazione del peso (prima estremamente ridotto) e uno stato generale di benessere.

Un esito altrettanto positivo rispetto a menarca ritardato nella celiachia viene segnalato da Kuhnle [1986] in una paziente in cui precedentemente erano stati sottovalutati i sintomi di ritardo nella crescita e dermatite erpetiforme. Zajadacz [2000] riporta il caso di una 15enne che inizia ad avere mestruazioni regolari all’età di 15 anni solo quando adotta un regime senza glutine. Introdotta quasi subito di nuovo la dieta con il glutine iniziano sanguinamenti mestruali ogni 10 giorni. All’età di 17 anni la biopsia intestinale conferma la diagnosi di celiachia e il regime senza glutine viene iniziato di nuovo, il che porta alla completa normalizzazione delle mestruazioni.

Porpora [2002] riporta la risoluzione della dismenorrea in una paziente 43enne con l’adozione del regime senza glutine. Gli altri sintomi celiaci erano inspiegabile perdita di 5 chili in 6 mesi, dolori addominali e pelvici cronici, diarrea. La biopsia intestinale mostra l’atrofia dei villi e sospendendo il consumo di glutine la paziente può liberarsi di tutti i problemi precedenti.

Kotze [2004] riporta che adolescenti con celiachia ancora non diagnosticata avevano avuto ritardo nell’età di presentazione del primo flusso (menarca) seguito da maggiore incidenza di mestruazioni irregolari.

Smecuol [1996] raccoglie i dati su 130 donne celiache e ribadisce che tutti questi disturbi, menarca ritardata, menopausa precoce, amenorrea, dismenorrea, aborti spontanei, sono presenti con un’incidenza maggiore solo nelle pazienti con celiachia non diagnosticata o in quelle che nonostante la diagnosi di celiachia continuano a consumare il glutine, ma non nelle pazienti celiache che sospendono il glutine. Un tale fenomeno viene segnalato già nel 1969 da Wagner e (per chi vuole approfondire le letture) viene ribadito da Gent [1973], Ogborn [1975], McCann [1988], Sher [1994 e 1996], Pellicano [2000], Stazi [2000], Haslam [2001], Rostami [2001], Bona [2002], Foschi [2002], Sandberg-Bennich [2002], Machac [2003].

Diamo una voce anche sui disturbi pre-mestruali. A partire da qualche giorno prima delle mestruazioni le donne presentano un’aumentata permeabilità intestinale [Hoggan 1998]. Per cui, durante questo periodo di permeabilità maggiore, il sangue e il benessere psico-fisico possono sicuramente accusare effetti transitori della situazione di peptidìa in corso nel tratto digestivo. In particolare è stato dimostrato che l’aumentato livello di peptidi oppioidi può alterare i livelli e le funzioni della serotonina.

La serotonina è un neuro-trasmettitore altamente multi-funzionale di cui sappiamo, tra le altre cose, che nel momento in cui la sua presenza si accresca nei neuroni del rafi nucleo del tronco encefalico, determina uno stato di eccitazione nervosa e può essere coinvolto nel sonno, nelle sensazioni sensoriali, nella regolazione della temperatura e nel controllo dell’umore [Tortora 1990, “Principles of Anatomy and Physiology”, 6th Ed., Harper & Row].