di Gianni Lannes
Oggi lunedi 24 novembre 2014, il signor Accursio Graffeo si è recato presso la questura di Bergamo, per denunciare la strage della nave Hedia, nonché la scomparsa di ben 19 marinai italiani, tra cui suo zio Filippo. Sorpresa, il sovrintendente Narisi, si è rifiutato di ratificare la sottostante denuncia penale, adducendo pretesti fuorilegge, e riservandosi, come ha riferito Accursio Graffeo, di consultarsi con un dirigente superiore. Che singolare coincidenza. Anche nel 1962, epoca di sparizione del mercantile con l’intero equipaggio, il signor Romeo Cesca, padre del giovane marconista Claudio Cesca, denunciò i tragici fatti ai carabinieri di Trieste, che invece di inoltrare la denuncia alla Procura della Repubblica del capoluogo giuliano, la trasmisero alla prefettura. E così, il caso fu insabbiato già 52 anni fa. Adesso le autorità, sia pure periferiche, mandano in onda il medesimo copione. Forse, la Polizia di Stato, a Bergamo, non è al corrente dell’obbligatorietà dell’azione penale. Il reato di strage, non va mai in prescrizione.
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI BERGAMO
PER IL TRAMITE DELLA QUESTURA DI BERGAMO
Il sottoscritto Accursio Graffeo nato a…………………………………………………………..
il ………………………………….. e residente a………………………………………………..
denuncia quanto segue..
Il 14 marzo 1962 scompare in circostanze misteriose nel Mar Mediterraneo, mentre faceva rotta verso Venezia, la neve Hedia. A bordo vi erano 20 marinai, di cui 19 italiani. Il giovane di coperta era mio zio Fillippo Graffeo.
A tutt’oggi non è mai stata realizzata sulla vicenda un’indagine giudiziaria, nonostante nell’immediatezza dei fatti, il signor Romeo Cesca, padre del marconista Claudio Cesca, di Trieste, avesse denunciato l’accaduto ai carabinieri proprio di Trieste. All’epoca, i responsabili dell’Arma trasmisero il predetto esposto invece che alla magistratura, alla Prefettura di Trieste.
Il 2 settembre 1962 l’inviato di guerra Jim Howard dell’Upi (Unites Press International) ha fotografato nella sede diplomatica francese di Algeri, un folto gruppo di europei prigionieri. Indi, quell’immagine è stata acquista dall’Ansa e pubblicata in Italia dal quotidiano Il Gazzettino di Venezia il 14 settembre 1962. In seguito ben cinque uomini dell’equipaggio, tra cui Fillippo Graffeo, Claudio Cesca, Elio Dell’Andrea, Filippo Balboni e Federico Agostinelli (comandante) sono stati effettivamente riconosciuti dai parenti stretti.
Sono trascorsi 52 anni ma quei cittadini della Repubblica italiana non sono più tornati a casa, e sono stati dichiarati addirittura dispersi in mare. Poiché l’azione penale è costituzionalmente obbligatoria, e poiché una strage non va mai in prescrizione, chiedo che sia fatta piena luce su questi tragici fatti, chiedo altresì che sia fatta giustizia. Mia nonna, Rosa Guirreri, madre del marinaio Filippo Graffeo, ha 98 anni e reclama la verità sulla scomparsa di suo figlio.
Mi riservo la costituzione di parte civile per gli eventuali reati che saranno ravvisati dall’A.G., e chiedo di essere informato in caso di eventuale richiesta di archiviazione del procedimento.
Allego alla presente denuncia, una copia della telefoto scattata ad Algeri nella sede diplomatica francese, il 2 settembre 1962 da Jim Howard dell’Upi e acquistata dall’Ansa, nonché uno stralcio del quotidiano Il Gazzettino di Venezia del 14 settembre 1962.
In fede
Bergamo, 24 novembre 2014 Accursio Graffeo