Algeri (2 settembre 1962): sede diplomatica francese. I 5 prigionieri italiani, marinai della nave Hedia (foto Jim Howard - United Press International) |
di Gianni Lannes
Scomparsi in mare e riapparsi in foto dopo sei mesi. Il mistero della nave Hedia sparita il 14 marzo 1962 con i suoi venti uomini di equipaggio, di cui 19 italiani, ha i giorni contati. Da una prima verifica è emerso che non vi è stato alcun naufragio nel Mediterraneo, proprio in quei giorni, contrariamente alle menzogne propinate all'epoca dal governo Fanfani. Anzi, come al solito, le autorità hanno mandato in onda i soliti depistaggi, coadiuvate anche da uno pseudo giornalista al soldo di una compagnia assicurativa.
Questa foto è stata scattata nella sede diplomatica francese di Algeri, dall'inviato di guerra Jim Howard dell'United Press International. L'immagine fu acquistata dall'Ansa e pubblicata in Italia il 14 settembre 1962 dal Gazzettino di Venezia.
Alcuni parenti dei marinai, a suo tempo, hanno riconosciuto anche dinanzi ad un notaio Filippo Graffeo (numero 1), Claudio Cesca (2), Elio Dell'Andrea (3), Ferdinando Balboni (4), Federico Agostinelli (5). In questi giorni è stata realizzata una perizia fotografica: la comparazione somatica ha dato esito positivo. Quelle cinque persone prigioniere, ritratte in foto sono proprio alcuni marinai della Nave Hedia, che doveva rientrare a Venezia il 19 marzo di 52 anni fa.
Per quale ragione le autorità francesi, allora avevano dislocato una componente considerevole della flotta dinanzi alle coste algerine e tunisine, compresa una portaerei? Perché hanno sequestrato questo mercantile e imprigionato l'intero equipaggio? Sono state torturate queste persone? Che fine hanno fatto questi nostri connazionali? Dove sono stati seppelliti i loro corpi? Tra di essi vi era anche un ragazzo di 16 anni, nativo di Molfetta.
Una riflessione e qualche altra domanda. L'Ansa non avrebbe mai acquistato una foto se non c'era la notizia, ovvero la presenza di cittadini italiani di cui si era persa traccia. E a maggior ragione, un quotidiano della città da cui era partita la nave Hedia, ovvero un quotidiano di Venezia, proprio dove la stessa avrebbe dovuto fare ritorno. Perché la magistratura italiana non ha mai avviato un'indagine giudiziaria? Eppure il caso ebbe una vasta rinonanza nell'opinione pubblica e furono presentate interrogazioni e interpellanze parlamentari. Perché i carabinieri di Trieste cestinarono la denuncia di Romeo Cesca, padre del giovane marconista Claudio Cesca? Forse, l'obbligatorietà dell'azione penale, sancita dalla Costituzione repubblicana, non vale per la Benemerita a quella latitudine di confine? E i nostri servizi diintelligence che ruolo hanno avuto nella vicenda? Peccato, che Fulvio Martini sia all'altro mondo.
Il mese scorso ho interpellato ufficialmente l'ambasciatrice di Francia in Italia, Catherine Colonna, poiché nonostante sia trascorso più di mezzo secolo, mai alcuna autorità italiana, ha chiesto ufficialmente lumi a Parigi. Eppure proprio in quei tragici giorni Fanfani e Pompidou (un dipendente della banca Rothschild) si incontravano ufficialmente. L'altro ieri è giunta un prima risposta: mi ha scritto la prima consigliera d'Ambasciata, Mathilde Grammont, promettendo un fattivo interessamento. Vedremo alla prova dei fatti, nel frattempo l'indagine sul campo, anzi in mare aperto procede a 360 gradi, in rotta verso la verità sepolta dai segreti indicibili. Ragion di Stato? Le stragi non vanno mai in prescrizione.
Il Gazzettino di Venezia - 14 settembre 1962 |