a cura di Gianni Lannes
Santa ingenuità in buona fede. Don Patriciello scrive a Napolitano: perché nessuno risponde alle gravi affermazioni pubbliche del boss Carmine Schiavone, pentito per modo di dire, dopo aver causato la morte di migliaia di persone?
La camorra come tutte le organizzazioni mafiose allevate all'ombra nel Belpaese, non è altro che un'entità criminale dello Stato tricolore. Certo, non riconosciuta con decreto, ma comunque parte integrante come cosa nostra, 'ndrangheta, sacra corona unita, batterie, eccetera eccetera. Fanno il lavoro sporco.
Qualche anno fa, un generale dei carabinieri attivo nei servizi segreti nostrani ha rivelato in audizione parlamentare sottoposta a segreto, che appunto lo Stato, in taluni casi, ha pagato la 'ndrangheta per il lavoro sporco di affondamento delle navi dei veleni.
Di più: i documenti ufficiali acquisiti attestano che lo Stato italiano come altre nazioni europee (Germania, Svizzera, Gran Bretagna, URSS) ed occidentali (USA), beninteso ha inabissato scorie nucleari in mare, a partire dal 1967. I boss locali hanno una gravissima responsabilità ma sono sempre manovalanza, compresi Riina e Provenzano.
Nella stagione del disamore il vero lusso è la salute. La Campania, come del resto gran parte d'Italia, ma soprattutto del Sud, è stata deliberatamente inondata e seppellita di rifiuti industriali del Nord, ma anche stranieri. Un modus operandi illegale, tollerato anzi favorito dalle norme legislative in vigore nello Stivale e addirittura in Europa (almeno sulla carta fino alla Convenzione di Basilea).
Qualche tempo fa l'addetto stampa di Leoluca Orlando, originaria della Provincia di Benevento, ben conoscendo il mio interesse ventennale per le ecomafie nazionali ed internazionali, mi raccontò un episodio che i contadini della sua terra d'origine sussurravano a denti stretti. Un bel giorno negli anni '70 giunsero in questa località agricola i mezzi dell'Esercito tricolore. Poco dopo i militari scavarono delle enormi buche ricoprendole in tutta fretta. Cosa avevano sepolto in loco e per ordine di chi? Una leggenda metropolitana? Allora, date un'occhiata al caso della miniera di Pasquasia in Sicilia.
Eppure, stranamente, il delitto ambientale non figura ancora nel codice penale, mentre la presunta diffamazione giornalistica, una norma di un secolo addietro, dichiarata anticostituzionale - grazie anche al silenzio dell'Ordine giornalistico - continua a colpire chi racconta con prove alla mano la verità indicibile.
Un fatto personale. A Salerno, il 2 agosto 2010 alle ore 14 circa, accompagnato dalla scorta di Polizia, proveniente dalla Calabria, trovai la nave Frelon (battente bandiera maltese) appena approdata dalla Francia con un carico di rottami ferrosi radioattivi, poi trasportati in tutta fretta in una nota ferriera di Potenza. Informai il prefetto ed il questore della città, che allora non diedero notizia alla Procura della Repubblica. I magistrati appresero la notizia da una mia intervista al Corriere della Sera e da una pagina di approfondimento del giornale Italia Terra Nostra. Dulcis in fundo: il questore di Salerno aveva tentato di usare i due agenti di scorta come capro espiatorio, rei di aver fatto il loro dovere, accompagnandomi dentro il porto, a quell'ora stranamente sguarnito da ogni controllo di polizia doganale. Intervenni e i due angeli custodi della Polizia di Stato non furono ingiustamente puniti. In ogni caso mi recai al locale Comando provinciale dell'Arma dei Carabinieri e consegnai sotto verbale, a due ufficiali la documentazione che avevo acquisito ed i risultati probanti della mia scoperta.
Il Tg1 si precipitò ad intervistarmi, ma non mandò ma in onda le mie documentate dichiarazioni sul lucroso ed impunito traffico di rifiuti davvero speciali (ossia radioattivi) che ogni giorno inondano dall'estero il nostro Paese.
Qualche tempo fa l'addetto stampa di Leoluca Orlando, originaria della Provincia di Benevento, ben conoscendo il mio interesse ventennale per le ecomafie nazionali ed internazionali, mi raccontò un episodio che i contadini della sua terra d'origine sussurravano a denti stretti. Un bel giorno negli anni '70 giunsero in questa località agricola i mezzi dell'Esercito tricolore. Poco dopo i militari scavarono delle enormi buche ricoprendole in tutta fretta. Cosa avevano sepolto in loco e per ordine di chi? Una leggenda metropolitana? Allora, date un'occhiata al caso della miniera di Pasquasia in Sicilia.
Eppure, stranamente, il delitto ambientale non figura ancora nel codice penale, mentre la presunta diffamazione giornalistica, una norma di un secolo addietro, dichiarata anticostituzionale - grazie anche al silenzio dell'Ordine giornalistico - continua a colpire chi racconta con prove alla mano la verità indicibile.
Un fatto personale. A Salerno, il 2 agosto 2010 alle ore 14 circa, accompagnato dalla scorta di Polizia, proveniente dalla Calabria, trovai la nave Frelon (battente bandiera maltese) appena approdata dalla Francia con un carico di rottami ferrosi radioattivi, poi trasportati in tutta fretta in una nota ferriera di Potenza. Informai il prefetto ed il questore della città, che allora non diedero notizia alla Procura della Repubblica. I magistrati appresero la notizia da una mia intervista al Corriere della Sera e da una pagina di approfondimento del giornale Italia Terra Nostra. Dulcis in fundo: il questore di Salerno aveva tentato di usare i due agenti di scorta come capro espiatorio, rei di aver fatto il loro dovere, accompagnandomi dentro il porto, a quell'ora stranamente sguarnito da ogni controllo di polizia doganale. Intervenni e i due angeli custodi della Polizia di Stato non furono ingiustamente puniti. In ogni caso mi recai al locale Comando provinciale dell'Arma dei Carabinieri e consegnai sotto verbale, a due ufficiali la documentazione che avevo acquisito ed i risultati probanti della mia scoperta.
Il Tg1 si precipitò ad intervistarmi, ma non mandò ma in onda le mie documentate dichiarazioni sul lucroso ed impunito traffico di rifiuti davvero speciali (ossia radioattivi) che ogni giorno inondano dall'estero il nostro Paese.
AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, GIORGIO NAPOLITANO
di Padre Maurizio PATRICIELLO
Carmine Schiavone, boss pentito del Clan dei Casalesi, nei giorni scorsi ha rilasciato un’ intervista televisiva da brividi. Siamo rimasti scioccati. E lo siamo ancora. Tante cose già le sapevamo, altre erano facilmente immaginabili, eppure quelle parole ci hanno fatto male. Schiavone afferma che negli anni passati sono stati interrati nelle nostre terre veleni provenienti non solo dal Nord Italia, ma anche dall’Austria e dalla Germania. Che tonnellate di rifiuti industriali sono stati intombati dal Basso Lazio fino a Pozzuoli. Schiavone chiama in causa le istituzioni, a suo dire, colluse e corrotte. Per questo motivo è convinto chela camorra non sarà mai distrutta. Parole che pesano come una montagna. O, almeno, dovrebbero pesare. Le reazioni dei cittadini, in particolare i giovani, si possono facilmente immaginare. Indignazione. Rabbia. Delusione. Da qualche parte anche rassegnazione e sfiducia. C’è chi è convinto di dover ancora di più lottare per dare alla battaglia contro l’inquinamento ambientale, nuovo slancio, nuova energia; e c’è chi si è lasciato andare e non crede più che con le nostre forze possiamo arrivare a una soluzione. Le dichiarazioni di Carmine Schiavone sono state commentate nei gruppi parrocchiali, nei circoli culturali, tra gli amici al bar. Ma, ancora una volta, chi aveva il dovere di parlare non lo ha fatto. La voce dei rappresentanti dello Stato non si è sentita. Non c’è stato nessuno che, scandalizzato, abbia sentito dentro ruminare lo sdegno. Nessuno che si è preoccupato della povera gente, delle sue domande, delle sue paure. Niente. I giornali campani, hanno riportato l’intervista e la lettera che io gli scritto. Ci sono state interviste e dichiarazioni. Alle domande si sono succedute le risposte della gente semplice che non ha voce in capitolo, ma ha la giusta cifra della situazione. Non c’è stato nessun rappresentante dello Stato, però, che abbia smentito quelle dichiarazioni. Eppure sono di una gravità inaudita. Schiavone dice a chiare lettere: “E’ vero che noi abbiamo sparato, ma i ministri, i carabinieri, i magistrati, i poliziotti sono più responsabili di me…”, perché corrotti e collusi.
Una domanda si pone d’urgenza: è vero tutto questo? Se si, i poveri cittadini campani, che sulla loro pelle hanno pagato e continuano a pagare per questo connubio scellerato, hanno diritto a qualche spiegazione? Hanno diritto di sapere con più certezza e da autorevoli voci istituzionali come sono andate veramente le cose? Se no, perché lo Stato permette di calunniare impunemente i suoi stessi Servitori ? Io non credo che, come dice Schiavone, la mafia non sarà mai sconfitta. Nonostante tutto, sento di condividere le parole di Giovanni Falcone: “La mafia è un fenomeno umano e come tutto ciò che è umano, nasce, cresce e muore…”. Non credo che la camorra abbia corrotto in questi anni un numero impressionante di persone che avrebbero dovuto tutelarci. Credo che ci sono stati certamente – e sempre ci saranno- personaggi che si sono lasciati ammaliare, intrappolare, umiliare dal dio mammona. Ma sia ancora una volta ribadito ad alta voce: chi tradisce lo Stato, non è lo Stato. Lo Stato, però, deve alzare, oggi, la sua voce per difendere i suoi servitori onesti. Per non lasciarli a combattere da soli. Per non darli in pasto agli assassini.
Lo Stato deve abbandonare la comoda e insopportabile abitudine di lasciare i campani impauriti e delusi, in balia di notizie sussurrate a mezza voce, di sospetti, di promesse fatte e non mantenute. Debbono smetterla, coloro che lo Stato rappresentano, a qualsiasi livello, di tormentare le parole perché non dicano ciò che va finalmente detto. Noi non ci stanchiamo e non ci stancheremo di gridare, di lamentarci, di inorridire, di piangere, di soffrire, di lottare. Ad Acerra, in questi giorni si sono svolti i funerali di Tonia, una meravigliosa bimbetta di sei anni appena. Il cancro, ancora una volta, ha colpito all’impazzata. C’è bisogno di chiarezza, di concretezza, di coraggio, di onestà per mettere fine allo scempio che ci condanna a morte. Chiedo al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, campano come noi, di farsi carico del dramma che ci uccide. Gli chiedo, inoltre, di invitare al Quirinale i genitori dei bambini, adolescenti, giovani morti di cancro e di leucemia, insieme aitantissimi meravigliosi, preparatissimi volontari – italiani veri – che tanto lustro stanno dando alla loro patria, per sapere dalle loro labbra come vanno veramente le cose e che cosa fare nel più breve tempo possibile. Utopia? E perché mai? Io, cristiano e prete, non smetto di sperare.
Lo Stato deve abbandonare la comoda e insopportabile abitudine di lasciare i campani impauriti e delusi, in balia di notizie sussurrate a mezza voce, di sospetti, di promesse fatte e non mantenute. Debbono smetterla, coloro che lo Stato rappresentano, a qualsiasi livello, di tormentare le parole perché non dicano ciò che va finalmente detto. Noi non ci stanchiamo e non ci stancheremo di gridare, di lamentarci, di inorridire, di piangere, di soffrire, di lottare. Ad Acerra, in questi giorni si sono svolti i funerali di Tonia, una meravigliosa bimbetta di sei anni appena. Il cancro, ancora una volta, ha colpito all’impazzata. C’è bisogno di chiarezza, di concretezza, di coraggio, di onestà per mettere fine allo scempio che ci condanna a morte. Chiedo al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, campano come noi, di farsi carico del dramma che ci uccide. Gli chiedo, inoltre, di invitare al Quirinale i genitori dei bambini, adolescenti, giovani morti di cancro e di leucemia, insieme aitantissimi meravigliosi, preparatissimi volontari – italiani veri – che tanto lustro stanno dando alla loro patria, per sapere dalle loro labbra come vanno veramente le cose e che cosa fare nel più breve tempo possibile. Utopia? E perché mai? Io, cristiano e prete, non smetto di sperare.
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