di Gianni Lannes
Alcune certezze documentate: il Dc 9 dell'Itavia non è esploso in volo, ma è ammarato. I cosiddetti "soccorsi" sono stati ritardati fino al mattino del 28 giugno. Non sono state compiute le autopsie su tutte le salme recuperate, ma solo su alcune, e in malo modo. La vicenda è stata inquinata fin dall'inizio: le prove sono state cancellate (o quasi) e manomesse con il beneplacito dei vertici istituzionali dello Stato italiano a partire dal presidente del consiglio Cossiga. Ci hanno sempre detto che sulla vicenda non vi è alcun segreto di Stato. Balle, menzogne a buon mercato. Invece, nel 1998 l'allora primo ministro Romano Prodi l'ha ribadito in forma scritta al giudice Rosario Priore, e il magistrato non ha fiatato, non ha sollevato alcuna questione giuridica. Israele non si tocca, anzi neanche si sfiora. Questo segreto di Stato, ha scritto Prodi 15 anni fa, su indicazione dei nostri servizi segreti riguarda proprio Israele. C'è un telex del Mossad al Sismi, su Ustica, davvero illuminante. Che tipo di aereo militare era caduto sulla Sila la notte del 27 giugno? Non di certo un Mig. Per caso, un caccia mascherato di colore bianco e azzurro dell'aviazione israeliana? Insabbiamenti e depistaggi: l'ultimo, il più autorevole è di Francesco Cossiga. Il livello politico non è mai stato sfiorato. Perche dopo 33 anni la magistratura italiana non è stata in grado di appurare i fatti?
La malintesa fedeltà atlantica è superiore all'interesse nazionale. Sono stati assassinati 21 testimoni scomodi. Naldini, Nutarelli, Boemio, Dettori, Marcucci, Parisi, Giorgieri, eccetera, sono solo alcune delle vittime collaterali. Quella sera, mentre i padroni USA trasferivano senza autorizzazione i loro cacciabombardieri nucleari F 111 sull'Italia per portarli in Egitto, due piloti italiani segnalarono anzitempo l'allarme generale nei nostri cieli.
La malintesa fedeltà atlantica è superiore all'interesse nazionale. Sono stati assassinati 21 testimoni scomodi. Naldini, Nutarelli, Boemio, Dettori, Marcucci, Parisi, Giorgieri, eccetera, sono solo alcune delle vittime collaterali. Quella sera, mentre i padroni USA trasferivano senza autorizzazione i loro cacciabombardieri nucleari F 111 sull'Italia per portarli in Egitto, due piloti italiani segnalarono anzitempo l'allarme generale nei nostri cieli.
Un’altra generazione da quegli avvenimenti: provate a domandare di questi tempi a un adolescente nostrano, cosa accadde la sera del 27 giugno 1980. In tv hanno mandato in onda un filmato in cui chiedevano a dei giovani di età compresa tra i 18 e i 22 anni che cosa associassero alla parola USTICA: buio totale, uno ha detto che fu l'eruzione con il maggior numero di morti, altri addirittura non sapevano neanche che è un'isola minore siciliana. Ma anche le risposte di chi ha ora i capelli bianchi risultano sconcertanti.
Per dirla con Sciascia: “L’Italia non ha memoria sociale”. Tuttavia il diritto a sapere è inalienabile, non ha scadenze, riguarda tutti noi perché corrobora la democrazia reale.
Per Ustica la giustizia è ancora molto lontana, anzi non è decollata, ma è stata affondata miserabilmente in un porto delle nebbie.
Perché l'aereo è precipitato? Perché non sono stati dispiegati immediati ed efficaci soccorsi? Che relazione esiste tra l’aereo dell’Itavia e il Mig fatto ritrovare il 18 luglio sulla Sila? Quali sono le responsabilità delle forze armate italiane, americane, francesi, israeliane, inglesi e tedesche? Se il disastro avesse avuto cause chiare (cedimento strutturale, bomba a bordo, o collisione) non sarebbe stato necessario occultare e distruggere prove di primaria importanza.
La verità è il minimo che dobbiamo a quelle 81 vittime, e a tutte quelle persone che morirono in seguito non di propria volontà. Perché questa verità era così inconfessabile da richiedere il silenzio, l’occultamento delle prove, gli omicidi mirati? C’era la guerra quella notte del 27 giugno del 1980: c’erano 68 adulti e 13 bambini che tornavano a casa, che andavano in vacanza, che leggevano il giornale, o giocavano con una bambola. Quelli che sapevano hanno deciso che i cittadini, la gente, noi non dovevamo sapere: hanno manomesso le registrazioni, cancellato i tracciati radar, bruciato i registri, hanno inventato esercitazioni che non sono mai avvenute. Il muro di gomma non è fiction, ma un angolo buio, una zona grigia, una vergogna dello Stato italiano cementata dall’omertà internazionale di altri Stati coinvolti, addirittura del Belgio che non apre il suo archivio e ne fa una questione di sicurezza nazionale.
Cinque sono gli anni che ho impiegato a portare a termine l'inchiesta, ma non a tempo pieno come avrei voluto. E in questo lustro mi è accaduto di tutto. Sia chiaro: non ho alcuna intenzione di suicidarmi, e se malauguratamente dovesse accadermi qualcosa di spiacevole lo faranno apparire come un incidente. In ogni caso il materiale è al sicuro. Quel che conta: la verità non ha tempo e interessa sempre, perché rende liberi. E adesso verrà fuori, quando proprio non se l'aspettano più, esattamente quando pensano di averla occultata a dovere.