dimanche 21 septembre 2014

VOLPE 132: UN FILM DOCUMENTARIO DI GIANNI LANNES


i finanzieri assassinati Fabrizio Sedda e Gianfranco Deriu




di Gianni Lannes

Nel 1994, anno in cui il massone piduista Silvio Berlusconi viene eletto per la prima volta al governo pur essendo non candidabile per legge in quanto titolare di licenze televisive, corre un filo rosso in cui si impastano 11 delitti di Stato, su commissione e segreti decretati al massimo livello dai governi tricolore. Se Ilaria Alpi il 20 marzo 1994 avesse dato in diretta al TG 3 Rai la notizia della sua documentata scoperta, ovvero del coinvolgimento diretto dello Stato italiano e del Sismi nel traffico illegale di armi, forse la storia più recente del belpaese avrebbe preso un'altra piega. Così, dopo anni dalle mie prime inchieste in argomento (l'ultima nel 2009) ho deciso di realizzare un film documentario che squarcia alcuni misteri.
 
Chi rammenta l’elicottero della Guardia di Finanza abbattuto in Sardegna il 2 marzo 1994 con due sottufficiali a bordo, a caccia di una nave carica di armi e mai più ritrovati? E i sette marinai italiani sgozzati nel porto algerino di Jenjen 5 mesi più tardi? Fu quello l’anno cruciale per il traffico internazionale di materiale bellico in partenza dallo Stato italiano, ma è ancor più impressionante la scansione temporale degli eventi.
Un’unica trama, mai approfonditamente scandagliata dagli inquirenti italiani per ragioni di Stato imperscrutabili ai comuni mortali, accomuna tre avvenimenti. L’elicottero delle Fiamme Gialle -denominato in codice operativo ‘Volpe 132’- il 2 marzo esplode in volo a largo della costa sud-orientale della Sardegna, nella baia di Feraxi, tra Capo Ferrato e Capo Carbonara. Vittime i due piloti: il maresciallo Gianfranco Deriu (42 anni) e il brigadiere Fabrizio Sedda (29 anni). 

Il 20 marzo -18 giorni dopo - Ilaria Alpi e Miran Hrovatin vengono assassinati a Mogadiscio. La notte del 6 luglio, l’equipaggio del mercantile ‘Lucina’, nave di proprietà dell’armatore sardo Massimo Cellino, presidente del Cagliari Calcio, viene sgozzato da un commando di uomini armati. Casualità? Queste non coincidenze si chiamano in realtà, traffico internazionale di armi tra Stati.

SEGRETI DI STATO

Volpe 132, decolla dall'aeroporto di Cagliari Elmas alle 18,45. Alle 18,58 sorvola un traghetto della Tirrenia. L'ultimo contatto con Elmas è delle 19,15. Il maresciallo Deriu a bordo dell’elicottero annuncia: "Ci dirigiamo a Sud"; in realtà piega a Nord, fa un lungo giro sul monte dei Sette fratelli ed esce in mare praticamente all'altezza del punto in cui è all'ancora la "Lucina". La manovra, serviva a non farsi sentire dalla nave. Quella notte, infatti, soffiava il Maestrale e da quella direzione, a bordo del "Lucina" non avrebbero potuto avvertire il sopraggiungere dell'elicottero almeno finché non fosse stato molto vicino. La comunicazione "errata", poteva servire a "depistare" chi, eventualmente, fosse stato in ascolto. «Volpe 132 a Elmas, mi sentite? Passo». «Avanti Volpe 132, vi sentiamo forte e chiaro. Qual è la vostra posizione?». «Sorvoliamo Capo Carbonara, fra qualche istante saremo sull’obiettivo a Capo Ferrato». «Volpe 132, quale obiettivo?». «Volpe 132, mi sentite? Passo. Volpe 132, mi sentite? Qual è la vostra posizione?». Alle ore 19.15 il velivolo, in missione perlustrativa, ha l’ultimo contatto radio; alle 19.18 scompare dagli schermi radar. Per oltre 40 minuti c’è un silenzio ingiustificato della base operativa delle Fiamme Gialle. L’Agusta A 109 decolla dalla base aerea di Elmas alle ore 18,44. Dopo circa 25 minuti, l’elicottero, nel rispetto del piano di volo, compie una virata di avvistamento a 360 gradi contattando la centrale operativa e riferendo di aver individuato una nave sospetta, possibile obiettivo. Le condizioni meteomarine sono buone; il supporto via mare è fornito dalla motovedetta ‘Colombina’. Dopo Serpentara la ‘G. 63’ stranamente cambia rotta per puntare su Capo Ferrato. Gli uomini della motovedetta inizialmente dichiarano di aver perso l’elicottero su Serpentara, salvo poi confermare quel che i tracciati testimoniano inequivocabilmente.

Quando sparisce dal radar l’elicottero è proprio sulla motovedetta, così basso che ne leggono le insegne, ma poi ognuno prosegue per conto suo. L’elicottero scompare, non vengono mai recuperati i corpi dei piloti né il relitto, a parte alcuni rottami sospetti. L’inchiesta della Procura della Repubblica di Cagliari, affidata al magistrato Guido Pani, è tuttora in corso, ma sembra impantanata in un vicolo cieco, nonostante le schiaccianti evidenze. 17 anni dopo la tragedia: un assordante silenzio istituzionale, un muro di gomma impenetrabile di chi, ai vertici dello Stato sa, ma tace. Anche il senatore Mauro Bulgarelli (Verdi) si era occupato del caso. Infatti il 17 maggio 2004 aveva presentato -al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e ai ministri della Difesa e dell’Interno dell’epocaun’interrogazione a risposta scritta (numero 4-10046). L’atto parla chiaro, e ha procurato non pochi imbarazzi addirittura a due Governi di opposti orientamenti politici: quello di Berlusconi e il successivo di Prodi. Nessuno si è preso la briga di fornire delucidazioni. Annota Bulgarelli nella sua interrogazione: «Un testimone ha rivelato che nella rada di Feraxi, la sera del 2 marzo c’era una nave, la Lucina che avrebbe preso rapidamente il largo dopo l’incidente. Si tratterebbe quindi del mercantile che, 5 mesi dopo si trasformò nel teatro di un’orrenda mattanza e un processo troppo sbrigativo e superficiale ha attribuito le responsabilità agli integralisti islamici del Gia. Un ex gladiatore del Sid, Nino Arconte di Cabras, ha rivelato che su quella nave si sarebbe dovuto imbarcare un ex agente segreto, un certo Tano Giacomina di Oristano che solo un contrattempo lo salvò. Morirà poi misteriosamente a Capo Verde nel 1998».
Le indagini sull’elicottero scomparso si orientano sull’incidente, ma una mezza dozzina di testimoni si fanno avanti; e le loro dichiarazioni coincidono tutte. Un agricoltore, Giovanni Utzeri, sostiene di aver sentito volteggiare un elicottero intorno alle 19 sulla baia di Feraxi, poi un forte boato, mentre Luigi Marini, che sta pescando in quell’area, e Antonio Cuccu, che attraversa la costa, vedono l’elicottero rovesciarsi ed avvertono una forte esplosione. Il tutto lontano da Serpentara, a Capo Ferrato, nella zona dove navigava la ‘Colombina’. In seguito l’Istituto idrogeologico di Genova individua il probabile punto di impatto nei pressi del luogo indico dai testimoni, dei quali peraltro non conosce le dichiarazioni.

Nel febbraio 1996 l’inchiesta viene archiviata: senza il relitto tutto è più difficile. Ma i familiari dei due piloti insistono e si continua a indagare: nel novembre 1999 i sommozzatori della Marina cercano ma non trovano niente. Nel giugno 2002 il pm chiede per la seconda volta l’archiviazione e nel febbraio dello stesso anno getta la spugna la Procura militare.

Alcuni testimoni hanno visto ‘Volpe 132’ sorvolare una nave porta-container ferma per tre giorni in rada a Feraxi. Di quali informazioni il Governo dispone relativamente alla reale natura (equipaggio, carico, ruolo) della nave che rapidamente prese il largo dopo la tragedia? Un fatto è certo. La ‘Colombina’ G. 63 gettò l’ancora al largo dell’isola di Serpentara, a sud di Capo Ferrato. Questi erano gli ordini del tenente colonnello Antonio Bolacchi e del tenente Tonino Cossa. I due elicotteristi, invece, proseguirono. Per quale ragione? Cosa cercavano? Allo stato attuale dell’inchiesta non è possibile escludere che siano stati colpiti da un missile leggero (Stinger) sparato dalla nave in rada a Capo Carbonara. Peppino Sedda, fratello di uno dei due elicotteristi, racconta e ci mostra una lettera anonima in cui si sostiene che «‘Volpe 132’ sarebbe stato abbattuto perché i due militari si rifiutarono di interrompere la caccia a una nave che trasportava armi».

Altre anomalie: il 26 marzo ‘94 da un hangar della Wind Air (una società di copertura dei servizi segreti) di Oristano viene rubato un elicottero identico a quello precipitato. Poche settimane dopo, viene ritrovato in un deposito a Quartu Sant’Elena parzialmente smontato. Ai familiari dei finanzieri è venuto il sospetto che i pezzi mancanti potessero stati gettati in mare per depistare le indagini, per sostituire i rottami veri.

RAPPORTI RISERVATI

«Il giorno 2 marzo c.m., da programmazione effettuata il giorno 23 febbraio 1994, di concerto con il Comandante del II Gruppo di Cagliari, Ten. Col., Antonio Bolacchi, disponevo una missione di ricognizione costiera notturna, con inizio alle ore 18,30 circa», si legge nella relazione del comandante della sezione aerea Guardia di Finanza, il tenente pilota Tonino Cossa, datata 18 marzo 1994. «La missione prevedeva un circuito chiuso lungo costa, Elmas, Capo Carbonara, Capo Spartivento e rientro ad Elmas, finalizzato al contrasto di traffici illeciti in generale. L’elicottero decollava alle ore 18,44 ed effettuava l’ultimo collegamento radio alle ore 19,15 con il G. 63 ‘Colombina’. Essendo risultati vani alcuni tentativi di collegamento della Sala Operativa del II Gruppo di Cagliari e degli Enti Ats, scattavano i soccorsi. A tutt’oggi non sono stati ritrovati i corpi dei piloti e nemmeno il relitto. Per quanto attiene alle cause, non sono in grado di formulare ipotesi». Il 6 marzo, vale a dire, 12 giorni prima, il maggiore Antonio Albanese, comandante l’equipaggio di volo dell’HH-3F del 15° Stormo-85° Gruppo di Ciampino, indicando le coordinate di rinvenimento «consegna al sottotenente Miranda Giuseppe e al Maresciallo Frusciante Antonio della locale Sezione Aerea della Guardia di Finanza, nr 1 pezzo metallico con struttura a nido d’ape verniciata esteriormente (nero/giallo/verde) con scritte distinguibili in A: DRENAG, B: SFIAT, C: DRE. Nr 1 pezzo metallico non definibile di colore grigio con struttura a nido d’ape recante nella parte interna la dicitura ROLL * 1 più tre lettere parzialmente leggibili - Ed infine - Nr 2 pezzi metallici non definibili con struttura a nido d’ape». 

Il 3 marzo ’94 il Comando della II regione Aerea nomina una commissione d’inchiesta tecnicoformale presieduta dal tenente colonnello Moraccini Enrico del poligono Interforze di Perdasdefogu (coadiuvato dal tenente colonnello pilota Angeloni M. Marco, dal capitano Ventura Paolo, dal capitano Pischedda Virgilio, dal capitano Meloni Paolo ed dal maggiore Cerri Gian Nicola). Le conclusioni attestano che «i due piloti erano in ottime condizioni psicofisiche e che l’elicottero non presentava deficienze di sorta o carenze di tipo manutentivo - e che infine – Non è possibile formulare ipotesi di sorta né ricostruire la successione degli eventi. Non è stato possibile individuare fattori causali». Il 16 maggio 1994 il caso viene archiviato dalla commissione militare. La conclusione in sostanza è: non esistono riscontri obiettivi per ipotizzare cosa sia accaduto, ma si presume si sia verificato un incidente. Il 9 giugno ’94 il sostituto procuratore Pani chiede allo Stato Maggiore dell’Aeronautica militare, una copia di questa relazione. 13 giorni dopo riceve una nota firmata dal generale Luciano Battisti, con la quale viene informato che il documento è classificato riservato e perciò non può essere trasmesso. Il magistrato riceve anche una lettera dell’ufficio centrale della Presidenza del Consiglio, nella quale si ribadisce che «la relazione è coperta dal segreto di Stato». La procedura seguita è irrituale perché calpesta la legge 801 del 1977. Il magistrato cagliaritano, così, ricorre all’articolo 256 del codice di procedura penale e finalmente ottiene la relazione. Per l’avvocato Carmelino Fenudi «Preoccupa altresì il lavoro svolto dalla Commissione d’inchiesta che appare a dir poco superficiale. Non ha mai interrogato i componenti del guardacoste, escludendo a priori ogni tipo di responsabilità, si limita ad osservare che solo il rinvenimento del velivolo può offrire elementi certi sulla dinamica del fatto, senza peraltro fornire alcun elemento, neanche indicativo, sul probabile luogo ove verosimilmente già scomparso. Peraltro la descrizione è palesemente contraddittoria come emerge dalle considerazioni svolte dal Costa. Le ricerche sono state approssimative e condotte con mezzi inadeguati allo scopo». La versione ufficiale non convince i parenti di Deriu e Sedda. In poco tempo hanno infatti verificato incongruenze, dubbi, scovato testimoni ignorati e perfino incomprensibili buchi neri. Affidano così a un esperto di fiducia uno studio tecnico sul caso. E la relazione dell’esperto, che tra l’altro aveva partecipato ai lavori di recupero del Dc 9 abbattuto a largo di Ustica il 27 giugno 1980, diventa il supporto di un’offensiva giudiziaria che induce la Procura di Cagliari a riaprire l’indagine.

SOMALIA CHIAMA SARDEGNA

Mauro Bulgarelli, ex componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, taglia corto: «Avevamo chiesto alla Procura della Repubblica di Cagliari tutti gli atti sul caso di “Volpe 132”. L’istanza della nostra commissione è stata deliberata il 6 luglio 2004, ma soltanto dopo le mie reiterate insistenze il 18 ottobre, è stata effettivamente inoltrata alla magistratura cagliaritana».
 
«Lo stesso omicidio, avvenuto il 20 marzo 1994, di Ilaria Alpi, inviata nel paese somalo per conto della RAI all’epoca dell’operazione Restor Hope, per gli elementi acquisiti in Commissione, appare ricollegabile ai dati venuti in possesso della giornalista con riferimento al traffico di armi e rifiuti»: è quanto documenta con prove inoppugnabili la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse (presieduta da Paolo Russo) in una Relazione trasmessa il 28 luglio 2004 alla Presidenza delle Camere (XIV legislatura, doc. XXIII, n. 9), dove la connessione rifiuti tossici-traffico di armi è evidente. Non, dunque, «omicidio casuale, vacanze in Somalia, deserto probatorio su scorie radioattive, armi e malacooperazione» come ha sostenuto Carlo Taormina, allora presidente della Commissione bicamerale. I fascicoli risultano coperti da segreto di Stato per 20 anni.

NAVI CARICHE DI ARMI

Era la ‘Lucina’ che faceva rotta verso Cagliari o una delle sue gemelle che solcano il Mediterraneo? Esistono scafi identici alla ‘Lucina’ come la ‘Pepito’. Quanti sono, chi li costruisce, chi li possiede? Soprattutto, cosa ci faceva quel mercantile nel punto in cui l’elicottero della Finanza esplose disintegrandosi? Oltre ai familiari delle vittime, lo avevano domandato ai colleghi cagliaritani il Procuratore della Repubblica di Trapani, Gianfranco Garofalo e il sostituto Massimo Palmeri: «si chiede se nell’ambito dell’inchiesta avente ad oggetto la scomparsa dell’elicottero del G.df denominato ‘Volpe 132’, siano stati acquisiti atti ufficiali da cui risulti con assoluta certezza la presenza della motonave ‘Lucina’ (o di imbarcazioni simili a questa) nella baia di Feraxi all’epoca del succitato incidente di volo (e se sia stata espletata consulenza tecnica per accertare le cause e la dinamica del ripetuto sinistro». E ancora: «In caso di risposta affermativa, vorrà cortesemente la S.V. trasmettere a questa procura della repubblica copia della relativa documentazione, nonché e comunque, dei seguenti ulteriori atti del proc. Pen. 367/44, non allegati alla vs. citata nota del 26/1999 e ritenuti dagli scriventi utili ai fini delle indagini in corso al fatto delittuoso di cui in oggetto: 1) verbali delle dichiarazioni rese da Utzeri Giovanni prima di quelle in data 2271/1998; 2) verbale (i) delle dichiarazioni rese da Cuccu Antonio; 3) missive anonime; 4) ritrazioni fotografiche della M/n ‘Lucina’ da cui sia possibile rilevare il numerosi alberi di tale imbarcazione e se questa recava la scritta del nome su entrambe le fiancate, oppure una sola. Laddove viceversa, da parte di codesto Ufficio non siano stati espletati gli atti d’indagine indicati nella prima parte della presente nota, si chiede, ai sensi che la S.V. proceda ad acquisire e a trasmettere, anche in copia, a questa A.G. -se esistente- la documentazione attestante la presenza della M/n “Lucina” (o di natanti similari) nella baia di Feraxi nello stesso periodo in cui avvenne la scomparsa in volo dell’elicottero “Volpe 132”». Avevano scoperto qualcosa che non dovevano vedere i marinai sgozzati della ‘Lucina’? il mercantile -di proprietà della compagnia di navigazione ‘Sagittario sas’ di Monte Procida noleggiato dalla ‘Sem’ (Società esercizi mulini) di Cagliari. La nave trasportava un carico di 2.600 tonnellate di semola destinata all’Enial, l’ente d Stato algerino che gestisce l’importazione di cereali. Dopo la strage gli inquirenti accertarono la presenza sulla nave di sole 2.000 tonnellate di merce. Ne mancavano 600 tonnellate? Di cosa si trattava, forse armi? Perché la ‘Lucina’ ha attraccato in un porto non attrezzato come Jenjen? e perché vi è rimasta per più di un mese? Perché né il comandante né l’armatore hanno avvertito l’Ambasciata italiana ad Algeri o il viceconsolato lì vicino? C’entra qualcosa Alexander Zhukov, arrestato dalla Dia, nel 2001, con l’accusa di traffico internazionale di armi? L’imprenditore russo, presidente della Sintez United Kingdom di Kiev che utilizzava i conti bancari della Global Tecnologies International (GTI), sodale del clan mafioso Solznetsvkaia. Un fatto è certo: secondo l’inchiesta del pm di Torino, Paolo Tamponi, dalle casse della GTI i profitti stellari del traffico di armi sarebbero confluiti in quelle della Trade Concept Limited, una finanziaria con sede a Jersey nelle Channel Island. Zhukov, dalla sua villa in Costa Smeralda (valore oltre 30 miliardi vecchie lire), dirigeva indisturbato i suoi affari bellici. Allora, c’è un legame con la nave ‘Jadran Express’ sequestrata nel marzo ’94 nel canale d’Otranto e poi misteriosamente dimenticata a Taranto con 133 containers imbottiti di armi fino al ’99, quando il carico bellico viene trasferito in Sardegna, nei bunker dell’isola di Santo Stefano a gestione USA?

E poi: a parte Berlusconi , come mai i governi Dini, D’Alema, Prodi, Monti, Letta, Renzi non hanno sciolto in materia i segreti di Stato?