Di Ettore Guarnaccia
L’informazione ha una grande importanza nella nostra vita, questo è innegabile. Come ho già descritto in precedenti articoli sul tema, essa ci fornisce i parametri mediante i quali noi leggiamo il mondo che ci circonda, contribuisce a formare la nostra opinione e ci induce ad agire in un modo piuttosto che un altro. Non possiamo sottovalutare il potere che l’informazione ha su di noi: ogni volta che d’istinto giudichiamo qualcosa o qualcuno come sbagliato, siamo realmente convinti di essere veramente noi la fonte di quel giudizio? O lo sono piuttosto le idee, i dogmi e le convinzioni che ci sono state innestate da anni di terapia da parte dell’informazione mainstream deviata, terapia alla quale ci sottoponiamo volontariamente e passivamente ogni giorno?
Ho già descritto come i mass media si arroghino il diritto di decidere se e come rappresentare le notizie e gli eventi, con un imperativo di fondo che impone a lettori e spettatori di non pensare, di assimilare passivamente e senza spirito critico tutto ciò che viene loro accuratamente allestito e propinato. In realtà dovevo aggiungere un particolare di non trascurabile importanza: i media si arrogano questo diritto perché siamo noi a permetterglielo, dando loro il nostro tacito consenso ogni giorno che passa, scegliendo di assistere comunque allo spettacolo che preparano per noi, sebbene disponiamo di numerose prove che dimostrano come questo sistema sia marcio, deviato e, di conseguenza, molto pericoloso.
Un’interessantissima intervista di Claudio Messora (alias ByoBlu) a Marcello Foa, giornalista di estrazionemontanelliana per sua stessa affermazione e direttore del Corriere del Ticino in Svizzera, mi ha fornito una serie di pregevoli conferme alle tesi da me esposte nei precedenti testi sul tema dell’informazione. In più, Foa ha introdotto degli elementi nuovi ed interessanti come l’esistenza degli spin doctor e i concetti di piramide dell’informazione e di frame, degni di essere integrati nel tema generale e che mi hanno indotto ad approfondire le teorie e i concetti della comunicazione.
Teorie e concetti che ci consegnano le chiavi con le quali decifrare metodologie, meccanismi e subdoli fini degli organi di informazione ufficiale e che rendono sufficientemente completo il quadro tracciato da Foa e che precedentemente avevo cercato di abbozzare parlando del tradimento della propria missione da parte dei giornalisti in genere, dei subdoli meccanismi di martellamento mediatico e di etichettatura, del sovraccarico di informazioni inutili, delle campagne per indirizzare l’opinione pubblica e per indurre in essa sentimenti negativi come la frustrazione, l’insicurezza e la paura, nonché di come siano i giornalisti stessi a mantenere in vita un sistema dell’informazione marcio e deviato con le loro scelte personali quotidiane.
L’idea di scrivere questo nuovo articolo sul tema dell’informazione ha latitato in me per alcune settimane senza che riuscissi a dare un senso a quell’istintiva attesa. Poi, nell’arco di pochi giorni, alcune notizie mi hanno fornito nuovi, importanti indizi e, nondimeno, ulteriori conferme sul fatto che quanto è entrato da tempo ad arricchire la mia consapevolezza sul tema dell’informazione abbia realmente solide basi e valga assolutamente la pena di essere condiviso ed illustrato a chi vorrà leggerlo e, magari, approfondirlo.
L’articolo è lungo, ma può essere scaricato in PDF utilizzando il link posto in calce per una più agevole lettura in differita. Credo ne valga la pena. Buona lettura.
L’assordante silenzio e la manipolazione dei media
Domenica 7 aprile si è tenuta a Milano un’importante manifestazione contro la geoingegneria criminale clandestina (meglio conosciuta con il termine terribilmente riduttivo di ”scie chimiche”) e l’asservimento mafioso del nostro governo ai voleri della NATO, promossa da associazioni come “Riprendiamoci il pianeta”, “Yoga e salute”, “Movimento Valori e Rinnovamento” e “Tanker Enemy” (organizzazione citata dall’attore Nicolas Vaporidis in un’intervista apparsa di recente sulla trasmissione “Le Iene”). Un evento nel quale si è protestato anche contro OGM, vaccini micidiali, signoraggio bancario, UE e multinazionali e del quale, nel bene e nel male, non vi è stata alcuna copertura da parte dei mass media, nonostante uno scarno lancio di agenzia di ADNKronos. Di conseguenza, è come se questa manifestazione non fosse mai avvenuta.
Martedì 9 aprile è giunta notizia di una sentenza storica per un paese come il Regno Unito in cui vige il sistema della Common Law, in virtù del quale qualunque sentenza proferita da un giudice costituisce precedente giuridico che ha forza di legge a tutti gli effetti. Tony Rooke, cittadino inglese, aveva rifiutato di pagare il canone TV a fronte dell’evidente manipolazione nella rappresentazione dei fatti dell’11 settembre commessa dall’emittente BBC, in particolare a fronte dell’eclatante errore di dare la notizia del crollo dell’edificio WTC7 ben 20 minuti prima che si verificasse. Secondo Rooke, la BBC doveva essere venuta a conoscenza dall’attacco terroristico prima che accadesse, diventando quindi complice dell’attacco stesso e il giudice, sulla base dei numerosi elementi di prova, ha convenuto che la protesta fosse giusta e ragionevole, pertanto ne ha disposto l’assoluzione e nessuna multa è stata comminata a carico dell’imputato per il mancato pagamento del canone. Nel caso fosse sfuggito, non è importante tanto l’assoluzione del buon Rooke, quanto l’accertamento della complicità della BBC nella enorme manipolazione delle informazioni, delle notizie e dei filmati trasmessi in merito agli avvenimenti dell’11 settembre, per approfondire degnamente i quali consiglio la lettura del libro “Ingannati – Fin dai tempi della scuola” di Alberto Medici.
Sabato 13 aprile, Amber Lyon, ex giornalista della CNN, ha rivelato come durante il suo lavoro per il canale televisivo americano avesse ricevuto ordini di falsificare determinate notizie e di ometterne altre, con l’obiettivo di avviare una campagna diffamatoria verso Iran e Siria, per manipolare l’opinione pubblica con una demonizzazione costante dei due paesi ed ottenere consensi per una futura invasione militare. Dice Lyon –
“Ho lavorato nel mainstream per quasi un decennio ed ho avuto la testimonianza diretta che non ci si può fidare dei mass media. Ho toccato con mano come il mainstream faccia uscire storie censurate per il volere di governi, corporation ed élite. Dovete fare affidamento sui giornalisti indipendenti per avere un quadro accurato di ciò che sta succedendo negli Stati Uniti”.
Recepito il messaggio?
Boston, lunedì 15 aprile: durante la maratona, due fratelli ceceni organizzano ed eseguono un attentato dinamitardo, eppure la zona è stranamente piena zeppa di forze dell’ordine, agenti segreti e mercenari militari, gli stessi che dapprima si fanno infinocchiare da due pazzi, sadici e fanatici, ma che poi risolvono il caso brillantemente e dopo sole poche ore dal misfatto. Parte una caccia all’uomo con uno spiegamento di forze che sarebbe giustificato solo in caso di invasione aliena per catturare due poveri malati di mente e, alla fine, un attentatore viene frettolosamente ucciso senza alcun processo, nonostante fosse completamente disarmato. I media si profondono da subito nella massiccia copertura del nefasto evento, raccogliendo foto palesemente false e taroccate ad arte (persone amputate che non perdono neanche una goccia di sangue, vetrate che si frantumano in direzione dell’esplosione e non viceversa, zainetti che non corrispondono, gente che ride su quello che ha tutto l’aspetto di un set, ecc.), nonché dichiarazioni assolutamente perentorie delle forze dell’ordine, che affermano di aver concluso rapidamente (forse troppo) il caso. Nessun dubbio né approfondimento che sia considerabile sensato e degno di nota proviene dai media, che restano compatti ed allineati nel sostenere la versione ufficiale dei fatti.
New York, sabato 27 aprile: a quasi 12 anni di distanza, viene casualmente ritrovato un pezzo del carrello di atterraggio di uno dei due aerei dovrebbero essersi schiantati sulle torri gemelle nei tristemente famosi fatti dell’undici settembre. Strano, perché i debunkers hanno più volte cavalcato la tesi che gli aerei si siano vaporizzati durante l’impatto con le torri, ovviamente con i carrelli ancora chiusi. Strano, perché quel pezzo è stato ritrovato a tre isolati di distanza, in un intercapedine fra due muri molto alti e, ancor più strano, avvolto in una corda piuttosto grossa, molto simile a quella che sarebbe necessaria per calare un pezzo così pesante dall’alto fino a terra. Strano anche il fatto che proprio quel pezzo riporti stampato un numero seriale ben visibile e decifrabile che verrà sicuramente collegato ad uno dei due aerei incriminati. Anche stavolta tutti i media si lanciano in una massiccia copertura del sorprendente evento, uniti, compatti ed unanimi nella spiegazione dei fatti e delle teorie a corredo, senza alcun dubbio né approfondimento.
Roma, domenica 28 aprile: davanti a Montecitorio, durante la cerimonia di giuramento del nuovo governo Letta,un attentatore disperato per l’assenza di lavoro vuole colpire i politici ma, vista la sfortunata assenza di questi, decide di sparare sui carabinieri. Non molto sensato. L’attentatore, vestito di tutto punto nonostante le gravi difficoltà economiche, con taglio di capelli e calzature di chiara ispirazione militare, spara ben otto colpi con straordinaria precisione e colpendo i malcapitati in punti molto critici ma senza causare la morte di nessuno e senza che nessuno dei numerosi carabinieri, agenti di polizia e agenti segreti presenti in loco riesca a rispondere al fuoco. Immediata copertura mediatica, con versione unanime dei fatti, un filmato scovato chissà dove ma sfortunatamente di qualità troppo bassa per capire bene come sono andate le cose, alcune foto con molti particolari alquanto dubbi. Altrettanto immediatamente, le forze di polizie risolvono il caso ed escludono perentoriamente qualsiasi ipotesi diversa da quella così accuratamente e rapidamente ricostruita dai giornalisti presenti sul posto.
Quelli citati sono solo gli ultimi e più eclatanti esempi di manipolazione dell’informazione mainstream, fatta di colpevoli omissioni, criminali complicità, illecite manipolazioni e censure. Altri esempi potrete trovarli nei precedenti articoli sul tema. In particolare, gli ultimi tre casi sono estremamente carenti dal punto di vista della ricostruzione, con palesi manipolazioni delle immagini e numerose incongruenze, tipiche della costruzione di meccanismi “Problema-Reazione-Soluzione”. I media, unanimi e compatti, hanno raccontato le loro verità, nonostante le evidenze raccontino ben altre storie. Eppure le prove della manipolazione, le contraddizioni, le evidenti falsità sono tutte davanti ai nostri occhi: eppure la maggior parte della gente non vede, non sente e crede ciecamente nella versione appositamente preparata per loro, dagli antefatti alle conclusioni, affinché non debbano sforzarsi troppo in ragionamenti ed approfondimenti.
Perché succede tutto questo? Com’è possibile?
Gli spin doctor
Quando ho visto e, in seguito, riletto con attenzione l’intervista a Marcello Foa, ho avuto un’importante conferma del fatto che l’idea che si stava plasmando nella mia mente in merito all’informazione ufficiale fosse piuttosto realistica e fondata. In base alle sue ricerche ed analisi sul modo in cui governi ed istituzioni riescono ad orientare i media, Foa evidenzia un’anomalia ormai molto frequente, ovvero che giornali e media in genere propongono tutti la stessa visione della realtà, la medesima esposizione dei fatti, ripetendo addirittura gli stessi errori, senza mai differenziarsi indipendentemente dal loro orientamento politico. In merito alle cause di questo spiacevole fenomeno, Foa fornisce anche i colpevoli: gli spin doctor, ovvero abili manipolatori dell’informazione, nati per gestire le campagne elettorali politiche e successivamente penetrati nel sistema politico stesso fino a manipolare faziosamente l’informazione, senza rispettarne l’obiettività ed oggettività.
Questo si unisce al fatto che, nella stragrande maggioranza dei casi, l’origine di una notizia è proprio dentro alle istituzioni politiche e governative dalle quali attingono le agenzie di stampa e, a cascata, i giornalisti. Di conseguenza, si produce un fenomeno di condizionamento delle masse che è quantomeno preoccupante per gli effetti devastanti che esso comporta, e al quale i giornalisti, consciamente o meno, non si sottraggono quasi mai. Quando la costruzione dell’informazione avviene abbinando tecniche di giornalismo e di comunicazione con tecniche di psicologia, si crea inevitabilmente un’autentica arma di distruzione di massa, in grado di manipolare artificiosamente le masse senza che queste se ne rendano conto, provocando effetti devastanti sulla verità a breve termine e, nel lungo periodo, generando idee, preconcetti, stereotipi, dogmi e forme di pensiero che risulteranno difficilissime da estirpare. Una tecnica che ricorda molto la metafora della ranocchia bollita, un’azione di propaganda lenta e costante che, senza alcuna dichiarazione d’intenti, sfugge alla coscienza e non suscita reazione, opposizione o rivolta.
L’insieme degli elementi acquisiti a lungo termine costituisce la base sulla quale noi costruiamo la nostra percezione del mondo e, soprattutto, le nostre convinzioni ed azioni. Le idee guidano la nostra intraprendenza, i preconcetti limitano i nostri rapporti, gli stereotipi ci inducono a vedere diversità dove non esistono, i dogmi racchiudono in una gabbia invisibile la nostra mente e, infine, le forme di pensiero condizionano pesantemente quello che sarà il futuro che disegneremo per noi stessi. Ecco perché rappresentare, illustrare e alimentare sentimenti di divisione, odio, intolleranza, umiliazione, minaccia e paura verso una moltitudine di persone può avere effetti devastanti e distruttivi sul singolo e sulla società nel suo insieme. Non è affatto azzardato, quindi, affermare che l’informazione ha un peso rilevante nella formazione della società presente e futura.
La piramide dell’informazione
Nella sua interessante intervista, Foa illustra il meccanismo della piramide dell’informazione. Esso parte dal concetto che non tutte le notizie hanno lo stesso peso, perché se una notizia viene data da una grande testata o una grande emittente, essa ha indubbiamente un peso di gran lunga superiore rispetto al caso in cui essa provenga da un media di dimensione locale o da un piccolo sito sconosciuto ai più. Ciò avviene in parte in funzione della credibilità dell’istituzione o del media sorgente, ma è dovuto anche al dilagante conformismo che caratterizza i giornalisti. Sono pochi, infatti, i giornalisti che tendono a pensare, analizzare, collegare e scrivere con la propria testa, poiché la maggior parte di essi tende ad adottare un atteggiamento tendenzialmente conformista e, quindi, a replicare l’opinione che ritengono sia generalmente condivisa o, quantomeno, istituzionalmente legittima.
In virtù di questo meccanismo, quanto un concetto o un argomento molto forte viene lanciato da un media riconosciuto, si innesca quello che è un effetto a cascata nella piramide dell’informazione, nel quale più il media sorgente è in alto nella piramide, più la notizia è sensazionale, più tutti i media si affanneranno simultaneamente a parlare di quell’argomento. A volte l’argomento è realmente degno di larga diffusione, ma i casi del genere diventano ogni giorno meno frequenti, mentre la maggior parte delle volte gli eventi propagandati non meritano un’attenzione così forte e diffusa. Ma se hai uno spin doctor dentro alle istituzioni governative, quindi esattamente sulla cima della piramide dell’informazione, allora hai qualcuno che conosce bene le tecniche per indurre i media a parlare simultaneamente, con il taglio voluto, di una notizia che è stata scelta molto spesso arbitrariamente. Una pratica pericolosissima, perché l’effetto finale consiste nel falsare la nostra percezione, talvolta deviandola.
Ecco che la massa si ritrova spesso a parlare di argomenti che pensa siano importanti, convinta che le basi sulle quali essi si fondano siano credibili, mentre in realtà, alla fonte, c’è qualcuno che sta giocando arbitrariamente con la buona fede della gente. L’effetto ultimo, rilevato da Foa, consiste in un fenomeno di ribellione nel quale, a forza di manipolare le masse, queste tendono a non riporre più alcuna fiducia nelle istituzioni che, invece, dovrebbero essere un pilastro del nostro convivere civile. Questo è solo l’inizio del problema, perché questi sentimenti di protesta e ribellione possono sfociare in una rigenerazione virtuosa della democrazia, ma possono anche essere sottoposti ad ulteriore manipolazione arbitraria e, se cavalcati da leader poco rispettabili, possono addirittura portare ad una vera e propria dittatura di stampo moderno. A tal proposito, Foa cita Hitler e Mussolini, i cui fenomeni sono nati e si sono sviluppati proprio su onde di disgusto e, aggiungo io, bisognerebbe tenere d’occhio le possibili evoluzioni del Movimento 5 Stelle poiché, quantomeno a livello di ideologia e di conduzione, comincia ad assomigliare proprio ai fenomeni storici citati.
Fortunatamente, negli ultimi tempi la capacità di persuasione dei media è diminuita con l’aumentare a dismisura del numero di persone che oggi non credono più all’informazione ufficiale e, aggiungo io, guardandovi con altri occhi e con un nuovo senso critico, sono in grado di rilevarne quasi a colpo d’occhio gli evidenti segni e tentativi di manipolazione e deviazione. Questo può avvenire sia razionalmente, a fronte di un’opera di documentazione e ricerca personale su fonti di informazione alternativa o diretta, sia istintivamente, forse per effetto della coscienza collettiva o del fenomeno della centesima scimmia.
Il frame e l’etichetta
Secondo Foa, noi viviamo in una società all’interno della quale vige un frame, ovvero un concetto molto forte ed importante costituito da una sorta di cornice psicologica, che si impianta nei valori della massa e che si genera in base alla percezione costruita ad arte dai media. Una volta instaurato questo meccanismo, tutto ciò che rientra all’interno della cornice supporta e rafforza la percezione del mondo da parte dell’individuo, ovviamente rassicurandolo, mentre ciò che non vi rientra, per quanto veritiero possa essere, viene tendenzialmente scartato, minimizzato, deriso o ignorato. Il frame è un meccanismo molto subdolo ma indubbiamente reale e verificabile, poiché viene usato di continuo dalla piramide dell’informazione per imbrigliare le idee e le azioni delle masse, ad esempio nelle campagne di propaganda a favore della permanenza del nostro paese nell’Euro, sull’importanza di contenere lo spread BTP-BUND, sulle rivoluzioni contro leader politici che di colpo si trasformano in dittatori sanguinari, sui falsi movimenti come Occupy Wall Street, Pussy Riot o Femen, oppure ancora quando si tratta dei dogmi fondanti della religione.
Qualsiasi notizia vada ad intaccare il frame provoca nella maggior parte delle persone un riflesso condizionato che si traduce in un rifiuto a priori e in sentimenti di insicurezza e paura, perché quella notizia va a mettere in dubbio le credenze, le assunzioni ed i dogmi sui quali il frame stesso si fonda, anche se tutte le evidenze e gli elementi di cui la gente dispone dovrebbero condurla quantomeno a porsi delle domande. Questo fenomeno induce anche la maggior parte dei media e dei giornalisti, proprio in virtù del conformismo dilagante che li attanaglia, ad assecondare e, se possibile, rafforzare questo frame, piuttosto che fornire ai cittadini gli strumenti e le informazioni per valutare autonomamente e indipendentemente ciò che accade loro intorno.
Questa, secondo Foa, è la ragione principale per cui risulta molto facile orientare le masse in occasione delle grandi crisi internazionali, supportata da un altro subdolo meccanismo: l’etichetta. Quando vuoi demonizzare una persona o un concetto, la via più semplice è affibbiargli un’etichetta negativa, screditando automaticamente tutte le tesi che porta con sé. Così, aggiungo io, chi denuncia l’orrendo crimine finanziario iniziato con l’Euro e perpetrato con il MES diventa antieuropeista, chi non è funzionale a determinati interessi geopolitici diventa nemico della libertà, chi ravvisa palesi irregolarità e falsità nelle versioni ufficiali dei fatti diventa complottista, chi cerca disperatamente di difendere i propri diritti umani e civili diventa attivista, chi argomenta a favore dei diritti dei cittadini diventa populista e via dicendo.
Gli spin doctor sono persone estremamente preparate ed intelligenti, molto spesso di estrazione giornalistica o comunicatori professionisti di grande scaltrezza, coadiuvati da squadre di psicologi che studiano come affinare al meglio l’approccio mediatico, proprio ricorrendo alle tecniche già citate e a molte altre tuttora valide e molto utilizzate. Il processo di condizionamento delle masse, fino a qualche tempo fa, era un processo quasi matematico con risultati perfetti e prevedibili, mentre oggi Internet e il Web hanno provocato un certo turbamento e scombussolamento del meccanismo. Non è un caso, infatti, che i più moderni ed efficaci movimenti di riforma e di rinnovamento delle istituzioni sono nati proprio dalla grande rete.
Tecniche di condizionamento implicito e teorie della comunicazione
Oggi è possibile leggere l’attualità nazionale ed internazionale soprattutto attraverso il filtro classico dei giornali e dei media, i quali ragionano ed operano secondo il concetto del frame, ovvero tendono costantemente a riconfermare la visione della realtà che essi stessi hanno di volta in volta generato, secondo un meccanismo talmente semplice ed efficace che il giornalista non deve neanche ricevere la classica telefonata di chi gli dice“devi scrivere questo e in questo modo”. A volte capita, come abbiamo visto nel caso della Lyon sopra citato, ma non è necessario. Una volta che lo spin doctor ha stabilito la cornice, gli scopi e la visione da considerarsi legittimamente corretta, mentre tutte le altre non lo sono, tutto il resto avviene automaticamente, perché i giornalisti vanno in maniera inerziale verso la direzione che crea maggiore consenso intorno a loro, cioè verso il loro pubblico, nei confronti del proprio elettorato e verso i propri colleghi.
Questo accade praticamente in tutti i giornali del mondo ed è un meccanismo che si alimenta da solo. Ecco perché, se compri diversi giornali e guardi i telegiornali di diverse emittenti, sei colpito dal fatto che la scelta delle notizie appare sempre la stessa e gli argomenti vengono spesso trattati nella medesima maniera. Le prime pagine dei grandi quotidiani nazionali hanno sempre gli stessi titoli e gli stessi argomenti. Qualcuno potrebbe considerarla una casualità, ma se si pensa che la redazione di un giornale di media grandezza riceve fra i sei e di diecimila lanci di agenzia, esistono potenzialmente migliaia di notizie dalle quali attingere, eppure la scelta ricade sempre su quelle dieci che finiscono in prima pagina per essere trattate tutte alla stessa maniera. Un risultato che non potrebbe essere raggiunto nemmeno condizionando direttamente i singoli giornalisti, mentre diventa possibile applicando tecniche di condizionamento implicito che hanno effetti straordinari.
Pensate che le tecniche di persuasione e condizionamento delle masse attraverso i media non sono affatto moderne, poiché risalgono tutte al periodo antecedente o immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale. Si parte dalla teoria ipodermica di Harold Lasswell, conosciuta anche come “bullet theory”, secondo la quale i mass media sono potenti strumenti persuasivi che agiscono su una massa passiva ed inerte, costituita da individui indifferenziati, isolati, atomizzati, anonimi e poco colti, senza organizzazione né leadership, facilmente suggestionabili e contraddistinti da comportamenti collettivi uniformi. In essa viene coniato per la prima volta il concetto di target, bersaglio, utilizzato ancora oggi nel campo della comunicazione e del commercio, partendo dal presupposto che ad uno stimolo inviato attraverso i media corrisponda una precisa risposta dell’audience. Successivamente furono introdotte nella teoria due variabili come le caratteristiche psicologiche e i fattori sociali di relazione e differenza all’interno della massa, prevedendo quindi un nuovo fattore definito di “resistenza” nella relazione stimolo-risposta.
Fra gli anni ’40 e ‘50 fece la sua comparsa la teoria della persuasione di Edward Tolman, secondo la quale i media, attraverso l’efficacia persuasiva della propaganda, erano in grado di modificare l’atteggiamento (predisposizione acquisita) della massa e, di conseguenza, il comportamento, ad esempio negli acquisti o nel voto. Le ricerche in tal senso vertevano sull’audience e sul contenuto ottimale del messaggio, in particolare verso gli aspetti di interesse, esposizione selettiva (condivisione), percezione selettiva (assimilazione) e memorizzazione selettiva, con individuazione dell’effetto “bartlett” basato sulla lunghezza del messaggio e dell’effetto “latente” basato sulla lunghezza dell’esposizione al messaggio.
Uno studio realizzato da Lazarsfeld, Berelson e Gaudet nel 1944, intitolato “The people’s choice. How the voter makes up his mind in a Presidential campaign”, dimostra come il rapporto tra media e destinatario non è sempre diretto ma è mediato da particolari figure, gli opinion leader, che, considerati competenti per alcune materie, interpretano e diffondono il messaggio proveniente dai media. Il flusso della comunicazione, quindi, viene considerato suddiviso in due fasi (two-step flow of communication): una fase avviene direttamente tramite i media mentre un’altra è interpersonale fra diversi soggetti. Lo studio dimostra anche che solo il 5% degli elettori viene influenzato direttamente dai media, perciò si parla di teoria degli effetti limitati o minimal effects, poiché l’effetto dei media viene attenuato dalle appartenenze di gruppo (rapporti orizzontali) e dall’influenza dei leader d’opinione (rapporti verticali). Nella nostra società, le appartenenze di gruppo sono costituite principalmente dall’etnia, dalla religione, dal partito politico, dalla classe sociale e dalla professione, mentre i leader d’opinione sono perlopiù rappresentati dai vari “esperti” che talk show, spettacoli di intrattenimento e rubriche di approfondimento propinano tutti i giorni, in qualità di individui particolarmente interessati e coinvolti sul singolo tema, dotati di ottime conoscenze su di esso e in grado di esercitare una certa influenza sul pubblico. Molto spesso, questi stessi esperti agiscono da gatekeepers, cioè da veri e propri guardiani della soglia, poiché si impegnano a difendere la versione ufficiale e la realtà costruita dai media da qualsiasi attacco o tentativo di controinformazione.
A completare il quadro si sono aggiunte, nel tempo, la teoria funzionalista, caratterizzata da un approccio globale al fenomeno della comunicazione di massa in cui si analizza la funzione globale del sistema mediatico sulla produzione e sulla diffusione quotidiana dei messaggi, la teoria degli usi e delle gratificazioni, fondata sull’assunto che i media svolgono un servizio pubblico e che i loro effetti non sono diretti ma dipendenti dall’uso che gli individui ne fanno per le proprie necessità, la teoria critica, fondata sulla reinterpretazione del pensiero marxiano e caratterizzata da una posizione negativa verso i mass media, la teoria culturologica, che considera la cultura non come un sistema statico di idee e testi ma come un processo sociale di continua produzione, distribuzione e consumo, e l’analisi degli effetti a lungo termine, secondo la quale i media non influenzano direttamente il comportamento del pubblico bensì l’esposizione prolungata alla comunicazione di massa, nel lungo periodo, modifica l’atteggiamento dell’individuo e la sua percezione della realtà, con effetti cognitivi edeffetti cumulativi.
Agenda setting ed effetti a lungo termine
Proprio dall’analisi degli effetti a lungo termine giungono gli spunti più interessanti (e preoccupanti), in particolare nell’ambito degli effetti cumulativi e del potere dei media. Secondo l’ipotesi dell’agenda setting, i media evidenziano, all’interno della realtà, una serie di problemi (focalizzazione) fornendo quindi dei quadri interpretativi (frame) mediante i quali recepirli, generalmente per ragioni di tipo economico, politico o geopolitico. Come risultato, lo spettatore (la massa) si convince che accade o che conta solo ciò che la radio, la televisione e i giornali scelgono di riportare, ma soprattutto che tutto ciò accade esattamente nel modo in cui viene illustrato o riportato. Da qui il concetto di definizione dell’agenda quotidiana della massa, mediante la quale vengono definiti, allestiti e proposti gli argomenti ai quali la gente deve pensare e sui quali deve discutere, quindi, in definitiva, il pubblico è portato a dare importanza ed attenzione solo agli argomenti, ai fatti, agli eventi e alle persone cui i media danno risalto. Un altro, terribile risultato è costituito dalla dipendenza cognitiva che il pubblico manifesta verso i media e che rivela effetti a lungo termine dovuti al fatto che le nuove conoscenze impartite sono strutturate sulla base delle vecchie conoscenze già strutturate in precedenza. Fortunatamente, sembra che l’individuo non sempre adotti l’agenda proposta dai media, soprattutto se già dotato di una consolidata gerarchia di temi cui è particolarmente interessato, bensì sia più portato ad integrare la propria agenda personale con quella proposta dai media, un fenomeno definito “persuasione temperata dalla persistenza”.
Resta il fatto che i media polarizzano l’attenzione del pubblico, la cui comprensione ed interpretazione della realtà è in gran parte mutuata proprio dai media, tanto che il divario fra il patrimonio di informazioni, conoscenze e rappresentazione della realtà sociale che l’individuo apprende dai media e la porzione di realtà che egli esperisce personalmente, si è enormemente allargato nella società contemporanea. Il ruolo centrale dei media genera sempre più sezioni della realtà cui gli individui accedono quotidianamente solo attraverso la mediazione dei mezzi di comunicazione di massa, che si limitano a fornire le notizie, ma le dotano di apposite “istruzioni”sulla loro collocazione semantica, generando di fatto una “metacomunicazione”.
La teoria della coltivazione afferma che i media coltivano lo spettatore dall’infanzia all’età adulta, offrendogli una visione del mondo e della realtà comune e condivisa, costruendo ed omogeneizzando la cultura, mentre la teoria della spirale del silenzio di Noelle-Neumann afferma che i soggetti non sono direttamente suggestionati dai media ma interagiscono fra loro, si scambiano informazioni ed opinioni, e hanno la capacità di percepire quali opinioni siano socialmente prevalenti e quali no. Proprio su questa percezione si basa l’espressione dell’opinione, poiché i soggetti sono più portati ad esprimere quelle opinioni che percepiscono come socialmente condivise, reprimendo quelle non socialmente accettate. Secondo questa teoria, il sistema dei media tende a diffondere alla massa un messaggio culturalmente omogeneo, accuratamente celato dietro le apparenti e superficiali differenze di tendenza politica o di genere, generando fenomeni di consonanza ecumulatività che escludono autonomamente tutte quelle informazioni ritenute in qualche modo devianti.
Quando l’opinione pubblica si conforma al messaggio diffuso unitariamente dai media, ai soggetti sociali che sostengono idee diverse non rimane che il silenzio, poiché risulta estremamente difficile, se non impossibile, sostenere un’idea che i media tacciono. I media, inoltre, rafforzano costantemente le idee che diffondono (ricordate l’euro e lo spread?) e forniscono anche le argomentazioni necessarie per difenderle, cosa che non accade alle idee minoritarie che vengono così fagocitate, appunto, in una spirale del silenzio.
La teoria dello scarto di conoscenza (o “knowledge gap theory”) di Tichenor, Donohue e Olien (1970) riconosce ai media la capacità di costruire un comune universo simbolico di riferimento e di aggregare e definire un’identità culturale, pur con l’evidenza empirica che gli individui con più elevato livello socio-economico e di istruzione hanno maggiori opportunità di acquisire le informazioni. Di conseguenza, l’incremento di informazione della società moderna non comporta un uguale ed effettivo aumento di conoscenze per tutti i soggetti della massa, anzi, secondo questa teoria i media amplificano e riproducono le differenze sociali e culturali, addirittura generandone di nuove. La teoria della dipendenza di Ball-Rokeach e deFleur (1985), infine, afferma che nella società contemporanea, la sfera d’esperienza vissuta direttamente dall’individuo è limitata rispetto alla parte di realtà sociale che ciascuno di noi conosce attraverso la mediazione della comunicazione di massa. Tra il pubblico e il sistema mediatico si crea così un rapporto di dipendenza poiché i media raccolgono, creano ed elaborano l’informazione e poi la distribuiscono, controllando di fatto le risorse che consentono agli individui di conseguire i propri obiettivi.
La verità dapprima celata, poi ignorata
Il famoso psicoterapeuta Sigmund Freud fu il primo a sostenere che fosse la mente inconscia, dinamica ed attiva, a prendere le decisioni, sulla base del fatto che la mente consti in larga misura di un inconscio che, molto probabilmente, alimenta il conscio con ciò che diverrà pensiero. Come questo si traduca in condizionamento, lo spiegò già nel 1922 il giornalista Walter Lippmann affermando che
“le immagini che gli esseri umani hanno nella testa, le immagini di sé stessi, degli altri, dei propri scopi ed obiettivi, delle proprie relazioni, rappresentano le loro opinioni pubbliche. Quando queste immagini vengono gestite da gruppi di persone o da persone che agiscono in nome di gruppi, esse diventano Opinione Pubblica, con le iniziali maiuscole”.
Proprio attraverso i media – sosteneva Lippmann – la maggior parte delle persone elabora quelle immagini nella testa che garantiscono ai media “un potere spaventoso”.
I mass media sono in grado di raggiungere sempre maggiori quantità di persone con i loro messaggi programmati, prestabiliti, e ciò rappresenta la chiave per la creazione di “ambienti controllati” per il lavaggio del cervello, a patto che le vittime non se ne rendano conto. Ecco perché è fondamentale che siano presenti numerose fonti d’informazione, con messaggi omogenei ma sufficientemente diversi da mascherare la sensazione di un controllo esterno. Quando possibile, questi messaggi devono essere offerti e rinforzati attraverso la macchina dell’intrattenimento, da consumarsi senza coercizione per dare alla vittima l’impressione di aver scelto di propria volontà tra diverse opzioni e programmi.
Nel suo libro “L’Opinione Pubblica”, Lippmann osserva come la gente tenda a ridurre problemi complessi in formule semplicistiche, in schemi, formando la propria opinione secondo ciò che credono che gli altri intorno a loro credano. Di conseguenza, la verità non è quasi mai interiore all’individuo, ma è creata e rimodellata dalla sua mente per conformarla ai modelli sociali che ha deciso di condividere (ricordate il concetto di frame?). Infatti, le notizie fornite dai media sono avvolte inevitabilmente in un’aura di realtà, poiché l’individuo medio tende a pensare che “se non fossero reali, perché mai sarebbero state riportate?”. A questi concetti si somma l’assioma sostenuto dallo psicologo e filosofo statunitense William James, secondo il quale
“di fronte ad una novità, la gente pensa: non è vera. In seguito, quando la verità diventa palese, la gente pensa: comunque non è importante. Infine, quando la sua importanza appare innegabile, la gente pensa: però non è una novità”.
Il caso principe in cui ciò accade continuamente è proprio quello della geoingegneria criminale clandestina (in poche parole, l’irrorazione di miscele di polimeri, metalli pesanti, veleni e altri composti nell’atmosfera e l’uso del sistema HAARP per la manipolazione della ionosfera mediante onde ELF ad altissima potenza, entrambi perpetrati dalle forze NATO con il tacito assenso del nostro esercito e del nostro governo): a fronte delle numerose informazioni ormai largamente disponibili e delle svariate ed incontestabili evidenze, poiché il crimine viene perpetrato su scala planetaria ed ha effetti terribili sull’intero ecosistema, sul clima, sulla salute e sulla mente umana, la gente tende a reputarlo non vero e ad escluderlo dalla propria cognizione. Adesso stiamo pian piano entrando nella fase successiva, quella in cui la verità è sempre più palese, ma la gente, offuscata dalla becera opera di controinformazione e opportunamente rassicurata dal silenzio dei mass media, non ritiene importante la questione, nonostante questa riguardi la salute e la sopravvivenza degli esseri umani e del nostro pianeta. La terza ed ultima fase si verificherà, di conseguenza, come descritto da James. Il medesimo meccanismo si è già verificato per altri eventi eclatanti come l’undici settembre, Fukushima o Ustica.
Complotto o natura umana?
Abbiamo visto, quindi, come l’attuale sistema dei mass media sia studiato e costruito per orientare le masse, grazie alla complicità e all’inerzia di figure ormai totalmente passive tuttora definite “giornalisti”, che si limitano a conformarsi al pensiero comune e a cercare il consenso generale, forse anche qualche vantaggio personale, senza alcun approfondimento giornalistico né indipendenza. Abbiamo visto come gli spin doctor, posti appositamente in cima alla piramide dell’informazione, siano in grado di orientare efficacemente l’opinione pubblica attraverso l’accurata costruzione di una verità falsa, rimodellata e costruita ad arte, utilizzando apposite tecniche di comunicazione e meccanismi di persuasione subdoli ma straordinariamente efficaci. Abbiamo visto come il sistema d’informazione sia perfettamente in grado di generare un divario sociale sempre più importante e di creare nella massa una vera e propria dipendenza. Abbiamo visto, infine, come la mente umana si faccia agevolmente imbrigliare e dirigere a causa di meccanismi inconsci che la maggior parte degli individui non è ancora in grado di constatare né di neutralizzare, fino a lasciarsi rinchiudere le mente in una prigione le cui sbarre sono rappresentate dall’opinione pubblica prevalente, dalla spirale del silenzio, dalla cornice informativa di cui dispone e dalla profonda paura di guardare in faccia la verità e, quindi, sé stessi.
La realtà che ci circonda è costruita nella nostra mente e, quindi, ai nostri occhi, in base alla nostra percezione. La nostra percezione è basata sulla nostra cultura e sulle informazioni che assimiliamo. La cultura e le informazioni sono costruite ad arte dai mass media proprio per ottenere precisi effetti a lungo termine sulle masse, indirizzando l’opinione pubblica, modificandone di conseguenza il comportamento, le scelte e le azioni. Perché ci riescono? Semplice, perché la maggior parte di noi ha scelto di smettere di pensare, di cercare e di capire, lasciando atrofizzare il proprio spirito critico a favore di una superficialità fatta di vizi, inedia, futile intrattenimento e una varietà di valori infimi, dalla quale viene il grande successo di programmi televisivi e rubriche di gossip, sesso, sport e altre amenità.
Malcolm X ci ammonì chiaramente:
“Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono”.
Luoghi comuni, dogmi, falsi principi, credenze ed errate deduzioni condizionano ormai la nostra intera vita e sono il fondamento della costruzione artefatta della realtà che ci circonda. Una realtà costruita per noi perché noi per primi non vogliamo o non siamo in grado di costruirla. Tutto ciò appare frutto di un complotto appositamente ordito per controllare e soggiogare le masse, eppure sembra anche che esso non sia altro che la risposta ad una precisa domanda generata nel tempo proprio dall’essere umano stesso e abilmente sfruttata dal sistema mediatico con il suo implicito consenso.
Ma allora, secondo voi, perché accade tutto ciò? A causa di un ipotetico complotto o della nostra natura umana? Sarei onorato di conoscere il vostro pensiero.
Fonte: http://www.ettoreguarnaccia.com/archives/2305