Strasburgo - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
di Gianni Lannes
Fascismo buono? Italiani brava gente? Nei manuali di storia, i lager nazionali non sono affatto menzionati. Rare persone sanno che anche in Italia dal 1940 al 1943 vennero aperti numerosi campi di concentramento. Anzi, il senso comune, anche di chi all’epoca era già nato, ignora queste pagine buie della nostra storia contemporanea.
Ecco la singolarità del caso inedito e sconosciuto: una sorta di continuità degenerativa di violazione dei diritti umani, civili e sociali. Ironia della sorte: addirittura nel medesimo territorio in tempi recenti, ad opera e su iniziativa di alcuni governi italiani sedicenti civili e democratici”, è sorto un centro di permanenza temporanea destinato a clandestini definiti “extracomunitari”, reclusi per anni, senza avere alcuna colpa - senza aver commesso alcun reato - se non quella, se così si può affermare, di essere dei migranti in fuga dalla guerra, dalla fame e dall’ingiustizia.
L’incipit di questo fenomeno storico parte prima dell'entrata in guerra del 10 giugno 1940. Infatti, la dittatura fascista predispose ed emanò dei provvedimenti per imprigionare, in appositi campi di concentramento tutti gli individui ostili al regime. L'elenco ufficiale del Ministero dell'Interno enumera una quarantina di questi siti di internamento. Si trovavano esclusivamente nell'Italia centro-meridionale: Salsomaggiore e Bagno a Ripoli, Civitella Chiana, Petriolo (in Toscana), Montechiarugolo (Parma), Campagna, Urbisaglia, Tolentino, Lanciano, Pollenza, Ferramonti di Tarsia, Nereto, Lama dei Peligni, Agnone, Isola Gran Sasso, Solofra, Isernia, Notaresco, Casacalenda, Casoli, Tortoreto, Civitella del Tronto, Tostice, Vinchiaturo, Boiano, Ustica, Ventotene, Lipari, Ariano Irpino, Histonium (Vasto), Montalbano, Tollo e Ponza. In Puglia i campi furono 4: Alberobello, Gioia del Colle; le Isole Tremiti e Manfredonia.
Ho ripercorso così, fonti d'archivio alla mano, la vita vissuta dagli internati del campo di concentramento sipontino. La mia ricerca è nata per caso: un fascicolo sul campo di concentramento di Manfredonia, presente nel fondo "Commissariato della P.S. di Manfredonia" destò la mia attenzione. Ho raccolto diversi documenti: dagli Atti che servirono ad allestire il campo di concentramento, fino agli elenchi ed alle schede degli internati (compresi numerosi ebrei, in seguito finiti nei lager nazisti di sterminio), che ho scovato a Roma, presso l'Archivio Centrale dello Stato ed all'Archivio della Polizia.
Questo campo di concentramento di Manfredonia iniziò a funzionare il 16 giugno del 1940. Fu chiuso nel 1943. Tornò ad essere il macello comunale della città. Risulta dismesso da qualche decennio: sulla strada statale, entrando in Manfredonia provenendo da Foggia, sulla sinistra, si vede tuttora. «Non è cambiato niente, la struttura è quella.
Nel 1940 il macello comunale era nuovo di zecca, e piuttosto grande. Per adeguarlo a campo di concentramento, furono effettuati dei lavori. E’ inquietante, nella piantina topografica del campo, la dicitura: "forno crematorio" in realtà mai utilizzato, che contrassegna uno dei vani. La mente corre subito ai famigerati lager nazisti. Il campo di Manfredonia fu, più che altro, un campo di 'internamento'.
Dai documenti ufficiali, si evince addirittura una visita del nunzio apostolicodi Napoli che si recò in loco per benedire l’opera ed i prigionieri (ebrei e dissidenti politici). Di guardia c’erano c' erano due gruppi di guardia tra poliziotti e carabinieri.
Il primo luglio del 1940 giunsero nel campo di Manfredonia 31 ebrei tedeschi ma, per la maggior parte, furono trasferiti quasi subito, il 18 settembre, nel campo di Tossicia, vicino Teramo. A Manfredonia restarono soltanto cinque ebrei fino al febbraio del 1942, quando furono trasferiti a Campagna, in provincia di Salerno. Oltre agli ebrei tedeschi, ai comunisti, ai socialisti, ai sovversivi in genere e agli anarchici, di varia estrazione sociale e provenienti dalle regioni del centro Nord (in particolare dalla Toscana), gli internati più numerosi del campo di Manfredonia furono i cosiddetti 'ex iugoslavi', provenienti dall' Istria e da Fiume. Questi slavofili, prelevati dai luoghi di origine, furono tenuti congelati qui, a Manfredonia, per evitare che commettessero attentati. Oppure che sobillassero la popolazione contro lo stato italiano. Gli slavi nutrivano forti sentimenti anti-italiani, essendo stati i loro territori annessi all'Italia». Per breve tempo vi soggiorno anche Sandro Pertini.
Migrante in fuga - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
Aguzzini di viandanti - Oggi mentre nella campagne del Tavoliere gli immigrati sono schiavizzati peggio delle bestie nella solita disattenzione generale di un Belpaese ormai disintegrato nell’etica e nella solidarietà, ma più di tutto nella dignità, la Puglia di Nichi Vendola vanta addirittura tre campi di concentramento (Manfredonia, Bari e Manduria) senza che il sovrano governatore sedciente "democratico" abbia mosso praticamente, o se si preferisce, concretamente un dito, per indurre lo Stato tricolore a chiudere questa vergogna dell’umanità. Al massimo nello Stivale abbonda e tracima la retorica parolaia. Sono così democratici in Puglia, sindaci compresi (per esempio i primi cittadini di Manfredonia, tale Riccardi e di Carapelle, sig. Palomba) da volere a tutti i costi - violando soprattutto la legge - due inceneritori di rifiuti. Vendola li ha già accontentati per il primo cancrovalorizzatore della Marcegaglia; ora darà il via libera per il secondo nei pressi dfell'impianto che pretende la Caviro di Faenza. Dove è sorto il primo impiantoi di morte? Semplice: accanto Cpt di Borgo Mezzanone dove sono reclusi centinaia di migranti. Insomma camere a gas almeno a cielo aperto. Vuoi mettere il progresso tecnologico?
«Nessuno sapeva di aver vinto un concorso per fare il guardiano di un lager. Facciamo i guardiani di povera gente» rivela Michele Pellegrino, ispettore della Polizia di Stato. Il Centro di permanenza temporanea di Borgo Mezzanone - ubicato dentro un aeroporto dismesso della seconda guerra mondiale - in agro di Manfredonia. E’ stato bocciato dall’Unione Europea.
Nel pomeriggio del 19 settembre 2006 al Centro di permanenza temporanea di Borgo Mezzanone c’è stata a visita della commissione mista d’ispezione, guidata dall’ambasciatore dell’Onu Staffan De Mistura. Quest’ultimo, da oltre trent’anni impegnato nell’Organizzazione delle nazioni unite, è stato incaricato dallo stesso ministro dell’Interno, Giuliano Amato, di prendere visione della situazione dei Cpt in Italia, per poi proporre delle soluzioni che possano superare l’attuale fase. L’organismo guidato dallo svedese De Mistura avrà sei mesi di tempo per tracciare una relazione approfondita sulle condizioni dei centri per immigrati. Della commissione fanno parte esponenti del ministero dell’Interno, i prefetti Pasquale Piscitelli e Nicola Prete, esponenti dell’Associazione nazionale comuni italiani, nonchè rappresentanti di numerose associazioni umanitarie italiane ed internazionali, come Caritas, Arci, Amnesty International e Medici senza frontiere. Al Cpt di Borgo Mezzanone erano presenti circa 360 gli immigrati; un argomento “caldo”, quello dell’immigrazione, in provincia di Foggia, dove le condizioni di vita degli stranieri nei lavori agricoli risultano al limite della schiavitù.
Lager di sterminio nazista - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
Nel 2008 l'Europa ha bocciato tutti i Cpt italiani: «cibo scadente, gabbie e sbarre opprimenti, mancanza d'igiene, carenza d'assistenza medica e legale». La fotografia, scattata a fine dicembre 2007 dalla Commissione per le libertà civili e la giustizia dell'Europarlamento, è una ferma condanna di tutti i centri di permanenza temporanea per immigrati in Italia. Indice puntato anche contro il Cpt di Borgo Mezzanone a Foggia. Le principali problematiche sollevate dagli stranieri, perlopiù afghani ed iracheni, sono le condizioni di caldo estremo nei container, perennemente esposti al sole, la mancanza di telefoni (7 per 500 persone) e l'assenza d'informazioni rispetto alla durata della permanenza nel centro. I cpt, introdotti dalla leggeTurco-Napolitano e potenziati dalla Bossi-Fini, hanno specifico scopo di trattenere gli immigrati irregolari in attesa d'espulsione. Ma, evidentemente, l'organizzazione fa acqua da tutte le parti. Nel 2006, su 124.383 clandestini individuati dalle forze dell'ordine, solo il 36,5% (45.449) è stato effettivamente rimpatriato. Nel 2005 sono transitate nel territorio nazionale 16.163 persone, di cui solo il 60% è stato espulso, mentre nel 1999 fu il 64,1%.
Puglia, migrante afghano in fuga - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
Eppure, nonostante la palese illegalità, anzi l’abominio in atto, sono tuttora attivi e funzionanti, come questa prigione a cielo aperto nel nord della Puglia.
I CPT dall’acronimo apparentemente innocuo nascondono ai nostri occhi gli indesiderabili della modernità opulenta che vive di sfruttamento di territori altrui. Provate a domandare quanti sanno che esistono a margine o dentro le nostre splendide città dei lager dove si rinchiudono esseri umani solo perché hanno impresso a fuoco sul viso il marchio sofferente del migrante, senza aver commesso alcun tipo di reato. Donne e uomini segregati per mesi e mesi, sovente qualche anno, senza ragione.
In fondo la nostra democrazia consumista convive, o meglio, ha introiettato l’eredità totalitaria nazifascista.
Lo scrittore Erri De Luca non ha dubbi: «Del resto i nazisti chiamavano distretto abitativo (wohnungsbezirk) i ghetti in cui insaccare le vite da distruggere. Oggi si condannano senza alcun grado giudiziario degli esseri umani a scontare pena in un recinto di appestati. E’ la nostra storia delle colonne infami e un giorno dei figli chiederanno certo conto ai padri di quello che hanno lasciato fare, permesso, incoraggiato col silenzio. Verrà una generazione che sputerà in faccia ai persecutori di oppressi ed esalterà i pochi nomi di italiani da salvare dal macero».
foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |