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Dal 16 agosto Don Albino Bizzotto, sacerdote vicentino di 74 anni, ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro la speculazione finanziaria e le grandi opere che distruggono il territorio.
di Matteo Marini - 29 Agosto 2013
“L’ambiente e il territorio sono diventati i luoghi di maggiore speculazione finanziaria"
Nel 1992 organizza una marcia nonviolenta nella Sarajevo assediata, coinvolgendo cinquecento giovani. Insieme a loro si unirono don Tonino Bello e Mons. Luigi Bettazzi.
Dal 16 agosto, Don Albino ha cominciato uno sciopero della fame. “Vivrò in un camper all’interno del cortile dell’associazione, in modo che tutti possano vedermi. Non mangerò. Sarò seguito da un medico: berrò solo un po’ di acqua e, quando sarà necessario, assumerò qualche polverina di integratore. Niente altro”.
La sua protesta parte da un ragionamento di fatto: “L’ambiente e il territorio sono diventati i luoghi di maggiore speculazione finanziaria: la Terra, che ci ha generato, è ormai considerata una cosa e non un organismo vivente. Ma la situazione è fuori controllo. Solo in Veneto dal 1990 al 2000 la superficie agricola è diminuita di 279.830 ettari, cioè del 21,5%; mentre il consumo del suolo per urbanizzazione e infrastrutture varie è di 1382 ettari l’anno, pari cioè a 3,8 ettari al giorno. Siamo sopra a un vulcano”.
In Veneto poi, la situazione secondo lui è ben peggiore, con decisioni su grandi opere prese chiedendo aiuto ai privati e senza ascoltare i cittadini. In particolare, dichiara il sacerdote, “mi riferisco al piano regionale che riguarda le autostrade e le altre mega opere, che avranno un impatto devastante sul territorio. Tutte realizzate in project financing, tra l’altro. Da Veneto City alla Città della Moda, fino alla Pedemontana, che è una vera voragine. Opere inutili, che servono solo a fare soldi a spese dei cittadini”.
Anche se queste opere portano molti posti di lavoro, il punto cruciale è un altro, secondo il Don: “vanno considerati due problemi. Il primo: queste opere sono delle vere e proprie fucine di corruzione. Dalla Pedemontana, che è tutta in subappalto; al Mose, un colosso che ha mangiato soldi, nel silenzio più assordante di tutti i partiti. Tra parentesi: vogliamo che siano i giudici a stabilire il calendario dell’azione produttiva del Veneto? E poi il secondo problema: avere un atteggiamento diverso nei confronti della produzione, perché questa non è una crisi economico-strutturale, ma antropica. Il fatto è che il pianeta così come si trova non ce la fa. I conti non tornano più”.
Oltre a puntare il dito contro un sistema politico fallace, il prete mette sotto la lente degli accusati anche la Chiesa: “bisogna smetterla di considerare l’economia il motore di tutto. Anche la Terra ha una sua grammatica: il nostro sistema aiuta a creare la vita o a distruggerla? In questo c’è tanto silenzio anche da parte della Chiesa. Questi temi non fanno ancora parte della Pastorale, non sono discussi nelle parrocchie e in ambito di Diocesi, nonostante ci sia un messaggio chiaro da parte della Cei. Più che sordità, è ignoranza”.
C'è un unico modo con il quale si potrebbe farlo desistere dal continuare il digiuno: “Il governatore Zaia dice che bisogna fermare cemento e asfalto; ma viene il dubbio che i suoi siano solo proclami. Basterebbe, però, che si rendessero trasparenti e accessibili i project financing. La gente, che poi attraverso i ticket li pagherà tutti, deve sapere cosa comportano. E come incideranno sul territorio”.