mardi 2 juillet 2013

Nessuno parla più della Grecia, ma la crisi continua

FONTE:  Nessuno parla più della Grecia, ma la crisi continua
1.7.13

Dopo mesi e mesi di notizie ed approfondimenti sulla drammatica crisi economica che ha colpito la Grecia, sul paese ellenico ora l'attenzione è calata. Ma la crisi è tutt'altro che conclusa. Abbiamo chiesto a Babis Alexandrou, cittadino greco di Atene, già corrispondente del nostro giornale, di aggiornarci sulla situazione attuale del popolo greco.

di Giulia Bernini

D.- Nel 2009, al termine delle elezioni, George Papandreou, allora presidente del consiglio, annuncia il rischio di bancarotta del Paese. Ci può descrivere quale fu la reazione della popolazione greca?
R.- Grazie di avermi dato la possibilità di esporre il mio parere sulla situazione in Grecia. Rispondo alla tua prima domanda dicendo cosa ne pensa in proposito la stragrande maggioranza della popolazione ellenica. Subito dopo le elezioni, Papandreou ha avuto contatti in segreto con l'allora presidente del FMI, Dominique Strauss-Kahn, per negoziare sulla possibilità di finanziamento da parte del FMI. Contemporaneamente, utilizzando ogni genere di mass media, ebbe inizio una campagna contro la corruzione e contro il governo precedente preannunciando un deficit pubblico per il 2009 a cifra doppia. Questo significa che l'opzione del FMI era sin dall'inizio la sua priorità, e lo slogan cardine della sua campagna elettorale, l’ormai famoso“lefta iparchoun” (soldi ce ne sono), mirante a plagiare l’elettorato usurpando il proprio voto, era un mero stratagemma non corrispondente alla realtà economica. I media sin dall'inizio del 2010 cominciarono a seminare il terrore della bancarotta per disorientare la gente, ma ci riuscirono solo in parte. Nonostante tutto, a maggio si tenne una grandissima manifestazione ad Atene contro le misure di austerità del memorandum. In quell'occasione persero la vita tre persone: tre impiegati di una banca al centro di Atene furono bruciati con delle bombe molotov di anarchici.
Il declassamento del debito pubblico greco ha creato nel 2010 l'allarme nei mercati finanziari. Di conseguenza, dal 2 maggio dello stesso anno, i paesi dell'Eurozona e il Fondo Monetario Internazionale hanno approvato una serie di prestiti di salvataggio per la Grecia, subordinati alla realizzazione di severe misure di austerità.

D.- Secondo quanto prevedono gli esperti, nel 2015 la Grecia si risolleverà dalla crisi. Lei crede che questo sia veramente possibile?
R.- Nessuno è in grado di prevedere quando il mio paese riuscirà a stare in piedi di nuovo. Le faccio conoscere alcuni indici economici per farle capire in quale situazione ci troviamo. Alla fine dello sorso anno l’ economia ha registrato una disoccupazione del 27% (tra i giovani il 58%), un deficit del settore pubblico del 10% del Pil (da notare, per il terzo anno consecutivo, la stessa cifra), un deficit della bilancia dei pagamenti del 7%, un debito pubblico del 157% (dopo due hair-cut, altrimenti avrebbe sfiorato il 200% del Pil) e una recessione cumulativa del 22%. Le previsioni del memorandum iniziale per la fine del 2012 erano: disoccupazione 16%, recessione aggregata 6%, debito pubblico 149%, deficit della bilancia pubblica 5% e bilancia dei pagamenti 4%. Quindi un fallimento disastroso. Pain with no gain. Quasi nessun indice migliorò rispetto agli indici della fine del 2009. Come si può prevedere allora che la crisi si risolverà tra un paio d’anni? Intanto quest’anno è prevista una recessione attorno al 5%, e forse anche di più, dato che il primo trimestre si è chiuso con -5,6%. La Grecia è entrata in una spirale di recessione che durerà più di un decennio. Naturalmente non in caduta libera come negli ultimi anni.

D.- La crisi naturalmente ha investito anche la situazione occupazionale del paese: oggi la disoccupazione è al 30% e un greco su tre è sotto la soglia della povertà. Chi riesce a trovare lavoro riceve 200-450 euro di stipendio, senza orari né diritti. Il 62% dei giovani non ha un lavoro. Il governo intanto formula delle manovre che prevedono tagli alle pensioni, la messa in mobilità di 300.000 dipendenti statali e la privatizzazione delle aziende. Quali sono state le fasce di popolazione più colpite dalla povertà? Conosce persone che hanno abbandonato la Grecia per cercare fortuna in altri paesi o continenti?
R.- Tutte le fasce della popolazione sono state colpite dalla politica economica. Non esiste settore economico che non soffra dalle misure di austerità Ci sono giovani che cercano il lavoro fuori dalla Grecia. Questa volta, diversamente dagli anni Sessanta (quando la maggioranza degli emigrati erano lavoratori non qualificati), si tratta di giovani laureati e personale qualificato in cerca di fortuna nei vari paesi dell'Europa del Nord, ma anche in altri continenti, come l'Australia.

D.- Abbiamo letto che il 92% della popolazione non è più in grado di rinnovare il proprio vestiario, comprare scarpe e cibo; l'83% è costretto a risparmiare sul riscaldamento e bruciare nelle stufe tutto ciò che trova; i malati non comprano più medicine; il governo ha autorizzato la vendita di alimenti scaduti, scontati del 60%. Quali sono le sono le sue aspettative per il futuro del suo paese?
R.- Tutto questo è vero. Nelle strade centrali di Atene il 40% degli esercizi è chiuso. Il mio paese negli ultimi 4 anni sta vivendo un catastrofe umanitaria. Le spesa per i consumi è crollata. La spesa per il carburante è calata del 40%. Il 20% delle targhe delle macchine sono state consegnate per incapacità di pagare il bollo. I condomini usano per il riscaldamento altre fonti di energia, dato che il costo del petrolio è aumentato al livello del petrolio delle macchine. Nelle province si è tornati ad usare la legna, tagliata nei boschi in molti casi clandestinamente. Gli ospedali non dispongono dei farmaci necessari, una parte del personale medico si è fatto licenziare perché non pagato ,il personale ospedaliero scarseggia e i familiari sono costretti ad assistere i propri cari e delle volte portare lenzuola e coperte da casa Non voglio proseguire. Quali sono le prospettive? Cito Chourchill: “Blood, sweat and tears”. Un articolo del FMI di pochi mesi fa spiegava che la cosiddetta “svalutazione interna” è arrivata al 14%. Quindi siamo a metà strada, dato che la meta corrisponde al 30%. Non molto lontano da questa affermazione sono state le dichiarazioni del ministro dell' economia Stournaras e del governatore della Banca Ellenica Provopoulos: entrambi hanno affermato recentemente che la Grecia si trova a 2/3 del percorso. Naturalmente un giorno la caduta libera del PIL si fermerà (siamo ormai al sesto anno consecutivo di recessione). Questo non significa che automaticamente comincerà il decollo. Ci sarà un lungo periodo di sviluppo debole e scarno con livelli di disoccupazione altissimi.

D.- Nel 2001 la Grecia entrò a far parte dell’EuroZona; questa scelta ha giovato alla Grecia?
R.- La moneta comune ha avuto un ruolo importante in questa crisi, e lo sta avendo pure nella sua risoluzione. I Paesi che formarono l’EuroZona(EZ) avevano livelli di sviluppo economico molto diversi e il “funzionamento” dell’Euro era in discussione sin dalla sua nascita. Si è pensato, erroneamente, che l’introduzione della moneta comune avrebbe aiutato a colmare tali diversità. E’ successo il contrario. E adesso siamo tutti intrappolati in questa maledetta moneta. Maledetta perché tutti ormai conoscono i disastri che ha portato e che porterà. Affinché la moneta comune diventi sostenibile, occorre che tutti i Paesi membri abbiano in attivo la bilancia dei pagamenti oppure in deficit bassissimo, cosa non realizzabile. Nella sua prima fase l’euro ha permesso crediti a basso tasso di interesse, che hanno incrementato il debito, specialmente privato, in quasi tutti i paesi, creando delle bolle finanziarie. A questi crediti è dovuta la crescita relativamente alta fino al 2007 (in media poco più del 2%). Inoltre i crediti hanno aumentato pericolosamente il deficit nella bilancia dei pagamenti in tutti i paesi del sud Europa, con il culmine del 15% del PIL fatto registrare in Grecia negli anni 2007 e 2008. Basta inoltre pensare all’ Italia: prima dell'euro aveva la bilancia commerciale in attivo rispetto alla Germania e adesso è in passivo.
La moneta forte sta svolgendo un ruolo importante in questa crisi nel nostro Paese. Sia ben chiaro, non è logico che la Grecia disponga di una moneta più forte dagli USA, più forte dello yuan cinese e della stessa forza della Germania. Non esiste oggi nessun vantaggio per i paesi del sud Europa nel far parte dell’EZ. Invece sarebbe opportuna una reciproca collaborazione e la creazione di una zona economica comune sud-europea.