La Norvegia non ha debito pubblico. Come mai?
07 luglio 2012
Cos’ha la Norvegia che l’Italia non ha? N. Forcheri
La Norvegia sarebbe un caso da studiare e da emulare: un surplus del 10%, un
profitto netto dei titoli di stato di Oslo del 6,197%, di più del 4,747% del
bund e del 2,931% dei bond svizzeri, il più basso tasso di disoccupazione
(Wall Street Italia) .
Quello che l’articolo non dice lo si può trovare facilmente su wikipedia, e
cioé che l’economia norvegese è caratterizzata dalla proprietà statale di
grossi comparti industriali cruciali come il petrolio (Statoil), l’energia
idroelettrica (Statkraft), l’alluminio (Norsk Hydro), la principale banca
del paese (DnB NOR), e le telecomunicazioni (Telenor), e che ben il 30% del
valore della borsa di Oslo è in mano allo Stato. Se si comprendono anche le
partecipazioni in società non quotate, la quota pubblica aumenta
drasticamente con i titoli petroliferi diretti. Insomma, la Norvegia ha la
sua IRI intatta, prima del golpe bianco del Britannia.
Inoltre il petrolio del paese è controllato dal governo tramite i maggiori
operatori come il 62% in Statoil nel 2007, la controllata statale al 100%
Petoro, e SDFI, oltre al controllo delle licenze di esplorazione e
produzione. Una sorta di ENI alla Mattei, prima del fatale “incidente”.
Poi scopro che il paese, pur essendo il primo produttore ed esportatore di
petrolio d’Europa, non è membro dell’OPEC, e che ha fondato un FONDO
PENSIONI SOVRANO nel 1995 per ridistribuire i proventi del petrolio, del
fisco, dei dividendi, delle cessioni e delle royalties. Si aggiunga a questo
che non fa parte dell’UE e che la sua corona è pertanto più sovrana/pubblica
dell’euro. Infine, la Banca centrale norvegese gestisce uffici di
investimento a LONDRA, NEW YORK E SHANGHAI.
Viene da chiedersi: ma se l’Italia fosse come la Norvegia monetariamente
sovrana cioè fuori dall’euro?
E se non fosse trivellata da cima a fondo da multinazionali estere e/o
finanziarie (come l’ENI) per i suoi giacimenti di idrocarburi, i secondi per
ordine di importanza in Europa?
E se per le nostre preziose risorse elettriche non fosse sfruttata da
scatole cinesi della multinazionale di stato francese EDF?
E se le nostre risorse idriche, tra le maggiori al mondo, non fossero in
mano alle multinazionali dell’acqua in bottiglia tipo Nestlé, e dai due
colossi francorotti Suez Gaz de France e Veolia?
E se i proventi di dette risorse pubbliche li gestissimo per ridistribuirli
al popolo come nei paesi dove esiste un social welfare?
Avremmo un debito pubblico inesistente come la Norvegia?
E se e se e se. Ma come siete ingenui. Noi siamo dei birboni, abbiamo avuto
Mussolini, siamo indisciplinati, pizza pasta e mandolino, insomma siamo
italiani e meritiamo una penalizzazione. Bisognerebbe come minimo che la
Banca d’Italia fosse di proprietà pubblica, con una moneta credito, al
contrario dell’euro debito. Bisognerebbe come minimo non avere ceduto al
golpe bianco del Britannia (nel 1992, decisione della svendita dell’IRI con
l’aiuto della svalutazione della Lira in seguito all’attacco di Soros), per
la verità poi neanche riconosciuto come tale dalla stampa ufficiale.
Ieri il ministro portoghese e quello austriaco hanno segnalato la loro
contrarietà il primo all’euro, il secondo al bilancio UE per via degli
insensati salvataggi delle banche; irlandesi e greci non ne possono più e
sono i primi ad avere capito sulla loro pelle quello che negli USA oramai è
diventato il segreto di pulcinella, e cioè che Bernanke/Trichet stampano
moneta a (nostro) debito per salvare le banche creditrici dei debiti sovrani
mentre l’eurocratese continua a mescolare le carte sibilando che è per
salvare gli Stati, oramai morti e sepolti dagli stessi eurocrati.
Decidere di uscire dall’euro è possibile in virtù del Trattato di Lisbona: e
se la esplorassimo, per rifondare una moneta credito del popolo?
Autrice: Nicoletta Forcheri
Fonte: stampalibera.com