samedi 10 août 2013

Su La Testa!: BOMBE ITALIANE ALL'URANIO IMPOVERITO SULL'AFGHANISTAN

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Su La Testa!: BOMBE ITALIANE ALL'URANIO IMPOVERITO SULL'AFGHANIS...:






Questa inchiesta era stata già pubblicata nel 2009 su ITALIA TERRA NOSTRA e ha dato luogo a diverse interrogazioni parlamentari ancora oggi senza risposta!

Quel giornale nato dal basso, è stato oscurato da un'azione illegale ed anti democratica della Barilla che tra i suoi azionisti di maggioranza, ovvero padroni, vede fin dal 1979 il gruppo svizzero Anda-Bhurle,produttori e trafficanti di armamenti illegali in Africa (alla voce: condanna penale definitiva del tribunale elvetico). 

I germani Barilla hanno tentato di tapparmi la bocca solo perché nel 2008 avevo scoperto con un'inchiesta pubblicata dal quotidiano La Stampa enormi quantitativi di amianto nel loro stabilimento di merendine e biscotti a San Nicola di Melfi (Basilicata). Nell'accordo di transazione che la Barilla ha sottoscritto con l' editore del quotidiano torinese, ovvero la Fiat, la multinazionale di Parma ha chiesto ed ottenuto la possibilità di non farmi più lavorare in quel giornale, solo per aver scritto la verità documentata!



di   Gianni Lannes


La Nato fa ancora stragi di civili – compreso un bambino – in Afghanistan, grazie anche alla complicità italiana, trasversale a gran parte degli schieramenti politici. Gli affari di Stati e multinazionali calpestano i diritti dell’umanità, le leggi internazionali e annullano il futuro di intere generazioni. Danno collaterale continuo o meglio barbarie occidentale: resistenti e pacifici esseri umani continuano a pagare il prezzo della guerra in termini di morti, feriti e malattie fisiche e mentali. Il cartello che lo reclamizza recita: «Low cost, hi volume production». Il tema è sempre di cogente attualità.

 L’oggetto pubblicizzato è un esemplare del Jdam (una sigla che sta per Joint Direct Attack Munition, munizione interforze per attacco diretto) o più semplicemente, un missile a caduta libera di ultima generazione. E’ il contributo “made in Italy” all’ultima guerra degli Stati Uniti d’America. In Afghanistan e non solo gli Usa hanno sperimentato nuove tecnologie militari a suon di bombe a guida satellitare “Jdam” che attualmente formano l’80 per cento dell’arsenale (nel ’91 erano appena il 10). 

Le bombe ad alto potenziale che gli aerei angloamericani sganciano a tappeto sono dotate di un nuovo sistema di guida, costruito dall’industria italiana Alenia Marconi Systems (azienda della Finmeccanica, di cui il principale azionista è il ministero del Tesoro), che le rende ancora più micidiali. Si tratta di un perfezionamento della Jdam (in produzione alla Boeing dal ’98): un sistema che permette di trasformare le bombe stupide, a caduta inerziale, in “bombe intelligenti”, capaci di dirigersi sul bersaglio con un errore compreso tra 13 e 30 metri. L’effetto chirurgico in teoria, è reso possibile dall’aggiunta di una nuova sezione di coda – un timone mobile controllato da un sistema elettronico – che guida la bomba sul bersaglio attraverso il sistema satellitare di posizionamento globale (Gps), abbinato al sistema di navigazione inerziale (Ins). «La bomba così modificata è abbastanza precisa» puntualizzano i tecnici dell’azienda pubblica italiana, pur essendo sganciata a un’altitudine che oscilla tra 9.150 e 10.675 metri per non esporre l’aereo al fuoco nemico. 

Le JDAM all’uranio impoverito – il cui veleno radioattivo viene inalato inconsapevolmente da autoctoni e stranieri senza distinzione - sono identificabili in GBU-31 (bomba Mk-84 da 907 kg, disponibili anche con penetratore BLU-109), GBU-32 (bomba Mk-83 da 454 kg) o GBU-35 (Mk-83 con penetratore BLU-110) e nella nuova GBU-38 (bomba Mk-82 da 227 kg). L’enorme potenza esplosiva di questo ordigno da demolizione, usato contro strutture in cemento armato come bunker, ponti e dighe, rende inevitabili i danni collaterali in una vasta area attorno all’obiettivo, soprattutto quando contro di esso si lanciano più bombe da una distanza di quasi 40 chilometri. E non fa distinzioni tra civili e militari. I kits di guida JDAM, sono di semplice realizzazione e si articolano nelle corte pinne poste intorno al corpo bomba, l’unità di guida e il tail-cone con le alette mobili per far manovrare la bomba. Il sistema di guida è un INS-GPS abbinato ad un sensore inerziale laser GPS: una volta lanciata, nella JDAM vengono immessi i dati relativi al bersaglio forniti dall’aereo che le trasporta, si attivano gli impennaggi caudali e l’autopilota mentre iniziano ad arrivare i segnali dei satelliti NAVSTAR. 

Con queste armi si possono programmare attacchi contro una vasta gamma di obiettivi selezionando per ciascuno di essi il profilo più opportuno. La procedura d’impiego è stata denominata dagli esperti italiani “sgancia-e-dimentica” in quanto dopo il lancio la bomba si dirige autonomamente verso il bersaglio che già conosce. Singolare coincidenza. Il giorno dello scoppio del conflitto in Iraq (20 marzo 2003), il Pentagono ha firmato con la multinazionale di St. Louis, un contratto per una extra fornitura di Jdam da 690 milioni di dollari in 6 anni, che si aggiungono al miliardo e più che già questi kits hanno fruttato. 

La prima bomba Jdam viene testata l’11 febbraio 1998 nel poligono di China Lake, in California, da un B-1B, aereo che può trasportare 24 bombe da mille libbre. Il successo procura alla Boeing un primo contratto col Pentagono da 20 milioni di dollari. Il test decisivo viene effettuato nel ’99, quando i nordamericani sganciano sulla Jugoslavia oltre 1200 bombe Jdam. La prestazione surclassa le bombe a guida laser e i missili da crociera. Per la prestazione delle bombe Jdam nell’operazione “Allied Force”, la Boeing riceve nel febbraio 2000 l’Award for Military Aviation, il più alto riconoscimento conferito dall’industria aerospaziale internazionale, e un contratto da 162 milioni di dollari per la fabbricazione dei primi 7 mila kit Jdam, a fronte degli 87 mila che il Pentagono acquista successivamente. La Boeing per migliorare le prestazioni delle bombe Jdam, si fa aiutare dall’Alenia Marconi Systems. 

L’azienda pubblica italiana sviluppa una nuova sezione di coda, chiamata “Diamond back”, dalla forma a diamante che assume dopo che l’ordigno è stato sganciato. Il nuovo sistema di guida italiano viene testato nell’aprile 1999, durante la guerra contro la Serbia, e nel settembre 2000, con un buon margine di anticipo per essere sperimentato dal vivo nella guerra in Afghanistan. Esso permette di sganciare le bombe simultaneamente contro più obiettivi, non più da 13 ma da 40 chilometri di distanza. L’invenzione della bomba Jdam-Er (Jdam a raggio d’azione esteso) frutta all’Alenia Marconi Sistems, trasformatasi nell’ottobre 1999 in joint-venture al 50 per cento con la British Aerospace, un lucroso contratto con la Boeing. In soldoni: 20 mila dollari per ogni kits. L’accordo firmato il 18 luglio 2001, stabilisce che «l’Alenia commercializzerà le “Jdam-Er” in gran parte dell’Europa e del Medio Oriente e potrà anche assemblare le Jdam e armi derivate, che i suoi clienti acquisteranno commercialmente» (Boeing Alenia Marconi Teaming for International Jdam Activity, Boeing New Release, St. Louis, July, 18, 2001). Il primo cliente estero delle Jdam è stato Israele, che ha acquistato kits di modifica per bombe Mk-84, di cui sono armati i suoi F-16. Il conto da 45 milioni di dollari è stato pagato in contanti dal governo Usa

Sorpresa. C’è anche un altro insospettabile cliente: «Le bombe Jdam-Er», informa la Boeing nel comunicato stampa del 18 luglio 2001, oltre che sugli aerei Usa e israeliani, «sono installate su aerei italiani». Il Belpaese, d’altronde, ha deciso di entrare nel ristrettissimo numero di nazioni che si assumono il diritto di intervento immediato nelle aree di crisi del mondo con una fortissima capacità distruttiva. Come ha sottolineato la Boeing «le Jdam-Er hanno il marchio di qualità “combat-proven” (provate in combattimento)». Ieri sui Balcani e sull’Afghanistan – dove hanno mietuto migliaia di vittime civili – oggi sull’Iraq; domani probabilmente su Iran o Siria. Anche l’Italia è offre il suo contributo calpestando la Costituzione. 

Il numero 29 (annata 2002) di Analisi Difesa attesta: «L’Aeronautica militare si doterà presto di 900 bombe intelligenti JDAM (Joint Direct Attack Munitions) che verranno prodotte dagli stabilimenti Oto Melara, società controllata da Finmeccanica, in cooperazione con Boeing . I 900 kit destinati a rendere più precise e letali una vasta gamma di bombe verranno assemblati a partire dal marzo 2003 ed entreranno in servizio presso i reparti in breve tempo. Le JDAM italo-statunitensi andranno ad armare AMX e Tornado della nostra Aeronautica Militare con l’Alenia Aeronautica che si occuperà dell’integrazione di queste armi con i velivoli in questione». Ed è appunto in questo contesto e nel corso dell’incontro (ottobre 2002) tra il ministro della Difesa Martino, Francesco Guarguaglini (al vertice di Finmeccanica) e Rinaldo Petrignano (Boeing Italia) che Jim Albaugh – presidente della Boeing – ha ricordato che «l’Italia è il primo cliente internazionale del Jdam: Boeing e Oto Melara collaborano nella produzione di 900 kit Jdam in Italia e l’assemblaggio dovrebbe cominciare, tra cinque mesi, nel marzo 2003». «Il programma italiano per la costruzione delle JDAM – ha dichiarato Albaugh – è un modello di collaborazione industriale per soddisfare il fabbisogno difensivo di nazioni alleate». Il Parlamento è sempre volutamente all’oscuro: il bilancio del ministero della Difesa non include tutti i costi per l’acquisto di armamenti che spesso sono finanziati attraverso il bilancio del ministero dell’Industria sotto forma di sovvenzioni ai produttori. La Breda Meccanica Bresciana (unità di business dell’Oto Melara, del Gruppo Finmeccanica) all’inizio del 2001 ha concluso un accordo con la Boeing per la produzione di 900 kits di guida consegnate all’Aeronautica Militare, in tre lotti di 300 ciascuno, dei quali i primi esemplari sono già stati consegnati, mentre gli altri saranno forniti entro l’estate del 2004. L’azienda di Stato ha già provveduto ad addestrare gli specialisti della forza armata ed a fornire il supporto logistico, costituito da «alcune attrezzature specifiche, dai manuali tecnici e dal sistema CAMBRE per il caricamento dei programmi». 

Il valore di questo contratto per 900 unità è di 40 milioni di euro si apprende leggendo i bollettini dei contratti – a trattativa privata – pubblicati dal Segretariato Generale della Difesa/D.N.A. Le bombe Jdam italiane – versione GBU-31 da 450 kg – sono destinate ai Tornado che ne possono caricare fino ad otto. La Breda si augura di poter usufruire della clausola “quinto d’obbligo” – che consente di aumentare una fornitura di un quinto senza dover ripetere la gara d’appalto – affinché la Marina Militare possa ordinare 180 kits per i suoi caccia. Attualmente sono in corso le prove di omologazione per l’impiego di queste armi da parte degli AMX-Ghibli. I kits GBU-31 e GBU-32 sono previsti per le bombe da mezza e una tonnellata ma sono previsti anche quelli per le bombe da 225 kg e per le SDB (Small Diameter Bomb, bomba di piccolo diametro) da 129 kg. 

E non c’è da stare allegri. Nel 2002 il Libro Bianco della Difesa annunciava: «Una particolare attenzione verrà rivolta nel quadriennio 2002-2005 ai seguenti aspetti: completamento dell’armamento difensivo e offensivo adeguato a sostanziare con credibilità gli impegni, sia assunti sia prevedibili, anche in “contesti fuori area”; armamento di caduta di precisione, a guida laser o satellitare, con capacità ognitempo (programmi Jdam e Paweay III); ammodernamento delle linee aerotattiche TORNADO e AM-X; partecipazione al programma internazionale di sviluppo di un velivolo per attacco al suolo e ricognizione da introdurre in servizio a partire tra il 2010-2012 (programma JFS)». Berlusconi l’aveva promesso pubblicamente tempo addietro: “sarò il commesso viaggiatore per vendere armi italiane in tutto il mondo”. Una volta tanto “il piduista deviato” ha mantenuto la parola. (La foto che ritrae questo servizio è relativa ad un tornado italiano – stanziato a Ghedi – ora schierato sul fronte afghano, attrezzato per sganciare perfino bombe nucleari).più di un anno fa. 

Semplicemente vergognosa la risposta fornita il 12 settembre 2011 dall'allora ministro della Guerra Ignazio La Russa:


Atto Camera

Risposta scritta pubblicata lunedì 12 settembre 2011
nell'allegato B della seduta n. 516
All'Interrogazione 4-11323 presentata da
ELISABETTA ZAMPARUTTI

Risposta. - In relazione alle questioni affrontate con l'interrogazione in esame, si assicura che tutto il personale impiegato nelle missioni internazionali - in particolare i piloti dell'Aeronautica ed i Comandanti di unità terrestri - è pienamente a conoscenza della priorità di evitare le vittime da fuoco amico e ridurre i cosiddetti danni collaterali (vittime civili e/o danni a infrastrutture civili), per cui viene sottoposto a specifici cicli addestrativi inclusi sia nei normali percorsi di formazione sia nell'approntamento per le specifiche operazioni fuori area.
Inoltre, i competenti organi militari sono costantemente impegnati nel perfezionamento delle procedure di cooperazione fra le forze terrestri e quelle aeree, incaricate di fornire loro il supporto necessario per l'assolvimento delle missioni assegnate. Ciò, proprio allo scopo di impedire «vittime da fuoco amico».
Al riguardo, anche nella missione Isaf in Afghanistan, alla stregua di quanto previsto nelle altre operazioni, sono state elaborate specifiche procedure operative standardizzate (cosiddette Sop), alle quali i Comandanti di unità sottoposte a fuoco avversario si attengono per ottenere il supporto aereo necessario alla propria difesa, evitando comunque vittime «da fuoco amico».
In particolare, il supporto aereo alle forze italiane schierate in Afghanistan è assicurato in primis dagli elicotteri dell'Aviation battalion nazionale, dipendenti dal Comandante italiano del Regional command west e, qualora necessario, dagli assetti aerei di cui dispone il Comando di Isaf.
Tali assetti includono i velivoli della Joint Air task force nazionale che, ad ogni modo intervengono senza la possibilità d'impiegare munizionamento «di caduta», secondo quanto a suo tempo autorizzato.
Al riguardo, anche nei casi in cui il supporto aereo chiesto da unità italiane sottoposte al fuoco degli insorti è stato assicurato da assetti non nazionali, proprio grazie alle citate Sop, l'appoggio aereo necessario per sottrarsi alla minaccia è stato assicurato pur senza provocare vittime da fuoco amico e annullando/minimizzando gli effetti collaterali.
Infine, per quanto attiene agli assetti ed al munizionamento statunitensi, nonché alle modalità d'impiego dei medesimi, non si ha contezza di utili elementi d'informazione, poiché appannaggio diretto della nazione in parola.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

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